Una volta scrivevo. Non solo scrivevo "di più", ma scrivevo sempre, sotto qualsiasi forma, che fosse un diario, un blog o una poesia.
Oggi non ci riesco più. Osservo questo mio spazio e mi rendo conto che non ho più nulla da dare.
Da qualche mese si è aperta, nel cuore, una ferita profonda che non riesco a sanare, che mi fa perdere l'equilibrio, quella diplomazia che mi ha sempre permesso di mediare anche le delusioni.
Sto diventando intollerante, sto faticando a perdonare, non riesco più a sforzarmi di capire e soprassedere.
Pensavo ci fossero legami impossibili da incrinare, ma mi sbagliavo.
Se una volta bastava un prato in fiore per farmi sentire più leggera, ora qualcosa è morto dentro di me e temo faticherò a rianimarlo.
Potrei scrivere degli ultimi film visti, parlare dei prossimi progetti di vacanza. Potrei raccontare di un brunch in un angolo di Milano che non conoscevo o del libro che sto leggendo e che parla di un pianoforte speciale.
La verità è che non mi importa più condividere queste cose, non sento più l'entusiasmo di un tempo perchè mi è stato strappato un punto fermo che per me era stella polare.
Adesso che i mie punti cardinali si spostano la scrittura mi abbandona, accessorio inutile.
E ancora una volta sento di perdere una parte di me.
martedì 4 giugno 2013
giovedì 23 maggio 2013
Smisurata preghiera
ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
(De André)
Questi due signori - o dovrei scrivere Signori, con la maiuscola, come se ne vedono pochi in giro ultimamente - sono Roberto Denti e Don Andrea Gallo e sono mancati entrambi nei giorni scorsi.
Forse il Gallo è più conosciuto, più "mediaticamente appetibile" di Denti che rimane però un'istituzione per una milanese innamorata dei libri come me.
Fondatore della storica Libreria dei Ragazzi dove ho passato tanti pomeriggi girando colma di eccitazione fra gli scaffali, indecisa su quale libri arraffare, su quali mondi visitare, in quali storie perdermi.
La Libreria era un luogo magico che ancora oggi, a distanza di tanti anni ricordo con commozione.
Roberto Denti era amico di Rodari, era uno scrittore prolifico ed aveva a cuore la cultura, anzi, la Cultura che doveva partire dall'infanzia, in uno scambio fecondo senza limiti.
Del Gallo che si può dire? Sono stata fortunata, sono riuscita ad andarlo a sentire qualche anno fa a teatro nel suo spettacolo sul Savonarola ed ero rimasta colpita dalla sua forza dirompente.
Un vero combattente, un animo sospeso fra cielo e fango. Uomo raro, soprattutto all'interno della gerarchia ecclesiastica.
Domani ci saranno i funerali ed avevo anche pensato di scendere a Genova per parteciparvi, ma ho un impegno già programmato e non riesco purtroppo.
Il mio pensiero oggi va a loro due. Che la terra gli sia lieve.
martedì 14 maggio 2013
Piano City 20013
Anche quest'anno Milano è stata teatro di una bella iniziativa: Piano City: concerti pubblici e privati, in gran parte gratuiti, a base di pianoforte.
Dopo aver rinunciato al piatto più ricco della manifestazione, un concerto di Einaudi con reading di Timi (roba da portarmi via in ambulanza), ci siamo consolati con un house concert, ossia un concerto per pochi intimi a casa di una pianista milanese. Roberta Penzo in realtà non è esattamente una milanese doc, ma ha un entusiasmo contagioso, è giovane e simpatica e ci accoglie nel suo mini appartamento da 22mq nel cuore di quella Brera che mi manca tanto, proprio accanto al mio vecchio ufficio.
Il suo repertorio è perfetto per me: Einaudi, Cacciapaglia, Debussy e Tiersen, con una veloce incursione in un bel brano di Allevi, oltre ad alcune composizioni personali davvero gradevoli.
Qualche biscotto, un bicchiere di Coca Cola e tanta voglia di condividere la passione per la musica ed il piano, hanno reso il piccolo concerto un'esperienza davvero da ricordare.
Guardare volare le lunghe dita di un pianista sulla tastiera è un'emozione sempre grande per me che spesso mi commuove.
Che dirvi d'altro? Lo so, latito parecchio, ma è un periodo un po' così, di grandi sconvolgimenti e subbugli emozionali che mi tengono lontana dal blog per non riversarvi malumori da M.me Bovary, la mia specialità.
Prima o poi spero di tornare a ritmi ed umori normali, ma sino ad allora...arrivederci.
lunedì 13 maggio 2013
Mimetismo urbano
Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."
Gianni Rodari
Ogni tanto anche gli angoli più tristi della città offrono lampi di poesia.
lunedì 22 aprile 2013
la bellezza è anche estetica, del resto
Sabato mio padre ha ricevuto una telefonata inattesa: dopo 31 anni, di punto in bianco, la coppia che avevano incontrato in viaggio di nozze e che avevano visto l'ultima volta in occasione della mia nascita, li ha chiamati. Così, per sapere come stavano.
Per me questi sono come piccoli miracoli che allargano il cuore in un sorriso genuino.
Stamattina ho deciso di farmela a piedi dalla stazione della metro all'ufficio. Non è molto, circa un chilometro, ma con andatura lenta ci ho comunque messo un quarto d'ora.
Sono passata accanto ad una casa di cui rimaneva solo la facciata: sembrava il set di un film western, in cui il saloon in realtà è solo cartapesta sottile.
Poco più avanti, dalla cancellata di un condominio, spuntava una lieve fila di glicine. Ho cercato di carpirne il profumo, ma forse era già appassito.
Nello stesso cortile una palma ed un albero fiorito, di rosa vestito, sembrano quasi abbracciarsi: la strana coppia.
A volte, soprattutto noi milanesi, dimentichiamo quello che ci circonda, schiavi della fretta, senza alcun interesse per la nostra città.
Non so perchè, ma tempo fa ho acquistato un buono per un corso di autotrucco. Lo organizzano vicino a casa mia, per cui la mia pigrizia è sedata sul nascere.
Mi aggiro fra i loft recuperati nelle vecchie fabbriche e mi sembra di stare a Londra o in un Paese straniero.
Dentro al centro mi sento a disagio. Donne sulla quarantina che si fanno truccare e sistemare, padrone dell'arte dell'apparire che spesso denigro, forse anche perchè mi sento inadeguata.
Viene il mio turno, eseguo, con una certa malagrazia e poco mestiere, gli stessi gesti che fa la truccatrice su metà volto. Al termine sono un'altra Elisa.
A volte dimentico che si può esser belle anche così, che non è solo questione di testa, di cultura; la bellezza, a volte - soprattutto, diciamola tutta - è anche estetica.
Così ieri, dopo la visita ad una bella mostra su Doisneau, mi sono concessa anche l'acquisto di un po' di trucchi che non so se userò mai, ma comunque mi ricordano che anch'io faccio parte dell'universo femminile e qualche volte dovrei ricordarlo anche al resto del mondo.
Per me questi sono come piccoli miracoli che allargano il cuore in un sorriso genuino.
Stamattina ho deciso di farmela a piedi dalla stazione della metro all'ufficio. Non è molto, circa un chilometro, ma con andatura lenta ci ho comunque messo un quarto d'ora.
Sono passata accanto ad una casa di cui rimaneva solo la facciata: sembrava il set di un film western, in cui il saloon in realtà è solo cartapesta sottile.
Poco più avanti, dalla cancellata di un condominio, spuntava una lieve fila di glicine. Ho cercato di carpirne il profumo, ma forse era già appassito.
Nello stesso cortile una palma ed un albero fiorito, di rosa vestito, sembrano quasi abbracciarsi: la strana coppia.
A volte, soprattutto noi milanesi, dimentichiamo quello che ci circonda, schiavi della fretta, senza alcun interesse per la nostra città.
Non so perchè, ma tempo fa ho acquistato un buono per un corso di autotrucco. Lo organizzano vicino a casa mia, per cui la mia pigrizia è sedata sul nascere.
Mi aggiro fra i loft recuperati nelle vecchie fabbriche e mi sembra di stare a Londra o in un Paese straniero.
Dentro al centro mi sento a disagio. Donne sulla quarantina che si fanno truccare e sistemare, padrone dell'arte dell'apparire che spesso denigro, forse anche perchè mi sento inadeguata.
Viene il mio turno, eseguo, con una certa malagrazia e poco mestiere, gli stessi gesti che fa la truccatrice su metà volto. Al termine sono un'altra Elisa.
Così ieri, dopo la visita ad una bella mostra su Doisneau, mi sono concessa anche l'acquisto di un po' di trucchi che non so se userò mai, ma comunque mi ricordano che anch'io faccio parte dell'universo femminile e qualche volte dovrei ricordarlo anche al resto del mondo.
Iscriviti a:
Post (Atom)