lunedì 17 gennaio 2011

+
=
Sabato sera siamo andati a teatro a vedere "Na specie de cadavere lunghissimo", un monologo interpretato e voluto da Fabrizio Gifuni, attore che apprezzo molto.
Idealmente diviso in tre tempi, lo spettacolo parte in modo assai tranquillo e colloquiale, con l'attore che gira fra gli spettatori, riproponendo stralci dei testi pasoliniani (bani da Scritti corsari e Lettere luterane, da La meglio gioventù e da La nuova forma della meglio gioventù, nonché dalla sceneggiatura San Paolo, mai divenuta film). La voce è pacata, si infervora appena su alcuni punti, ma la recitazione di Gifuni rispetta l'intensità dello scritto e non lo carica ulteriormente.
Ascoltiamo rapiti le profetiche parole che dipingono un'Italia ormai sotto gli occhi di tutti, ancora allo stadio larvale, ai tempi di Pasolini, eppure già tanto riconoscibile. La china è stata scesa: edonismo e consumismo, le sue bestie nere, hanno preso il sopravvento. La televisione, contenitore vuoto che ripropone una cultura che non esiste "in natura", ma che ne amplifica il messaggio, lo rende quotidiano e, quindi, reale, troneggia in ogni casa e ci trasforma in un popolo incapace di capire la propria condizione.
A questo punto Gifuni sale un immaginario gradino, il tono si fa più distaccato; si libera degli indumenti comuni indossando un completo giaccia/cravatta per ricordarci come le colpe dei padri ricadano sempre sui figli (teatro greco docet).
L'esplosione che segue, nella recitazione del poemetto "Er pecora" di Somalvico, coglie quasi impreparati.
Nel romanesco imperfetto eppur riconoscibilissimo (e più fruibile per noi milanesotti), si apre il delirio di Pino Pelosi, alias Er Pecora, materiale esecutore di una condanna perennemente annunciata che ci priva di una delle menti più lucide e provocatorie che l'Italia abbia avuto.
Il testo e la recitazione si fanno febbrili, Gifuni è sempre padrone di sè, ma l'identificazione col personaggio è totale.
Dopo un'ora e venti circa, si esce un po' frastornati e profondamenti grati all'attore ed al regista Bertolucci.
E sempre più orfani di Pasolini.

Nessun commento:

Related Posts with Thumbnails