martedì 4 giugno 2013

Qualcosa è cambiato

Una volta scrivevo. Non solo scrivevo "di più", ma scrivevo sempre, sotto qualsiasi forma, che fosse un diario, un blog o una poesia.
Oggi non ci riesco più. Osservo questo mio spazio e mi rendo conto che non ho più nulla da dare.
Da qualche mese si è aperta, nel cuore, una ferita profonda che non riesco a sanare, che mi fa perdere l'equilibrio, quella diplomazia che mi ha sempre permesso di mediare anche le delusioni.
Sto diventando intollerante, sto faticando a perdonare, non riesco più a sforzarmi di capire e soprassedere.
Pensavo ci fossero legami impossibili da incrinare, ma mi sbagliavo.
Se una volta bastava un prato in fiore per farmi sentire più leggera, ora qualcosa è morto dentro di me e temo faticherò a rianimarlo.
Potrei scrivere degli ultimi film visti, parlare dei prossimi progetti di vacanza. Potrei raccontare di un brunch in un angolo di Milano che non conoscevo o del libro che sto leggendo e che parla di un pianoforte speciale.
La verità è che non mi importa più condividere queste cose, non sento più l'entusiasmo di un tempo perchè mi è stato strappato un punto fermo che per me era stella polare.
Adesso che i mie punti cardinali si spostano la scrittura mi abbandona, accessorio inutile.
E ancora una volta sento di perdere una parte di me.

giovedì 23 maggio 2013

Smisurata preghiera

(...)
ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere
(De André)




Questi due signori - o dovrei scrivere Signori, con la maiuscola, come se ne vedono pochi in giro ultimamente - sono Roberto Denti e Don Andrea Gallo e sono mancati entrambi nei giorni scorsi.
Forse il Gallo è più conosciuto, più "mediaticamente appetibile" di Denti che rimane però un'istituzione per una milanese innamorata dei libri come me.
Fondatore della storica Libreria dei Ragazzi dove ho passato tanti pomeriggi girando colma di eccitazione fra gli scaffali, indecisa su quale libri arraffare, su quali mondi visitare, in quali storie perdermi.
La Libreria era un luogo magico che ancora oggi, a distanza di tanti anni ricordo con commozione.
Roberto Denti era amico di Rodari, era uno scrittore prolifico ed aveva a cuore la cultura, anzi, la Cultura che doveva partire dall'infanzia, in uno scambio fecondo senza limiti.

Del Gallo che si può dire? Sono stata fortunata, sono riuscita ad andarlo a sentire qualche anno fa a teatro nel suo spettacolo sul Savonarola ed ero rimasta colpita dalla sua forza dirompente.
Un vero combattente, un animo sospeso fra cielo e fango. Uomo raro, soprattutto all'interno della gerarchia ecclesiastica.
Domani ci saranno i funerali ed avevo anche pensato di scendere a Genova per parteciparvi, ma ho un impegno già programmato e non riesco purtroppo.

Il mio pensiero oggi va a loro due. Che la terra gli sia lieve.

martedì 14 maggio 2013

Piano City 20013


Anche quest'anno Milano è stata teatro di una bella iniziativa: Piano City: concerti pubblici e privati, in gran parte gratuiti, a base di pianoforte.
Dopo aver rinunciato al piatto più ricco della manifestazione, un concerto di Einaudi con reading di Timi (roba da portarmi via in ambulanza), ci siamo consolati con un house concert, ossia un concerto per pochi intimi a casa di una pianista milanese. Roberta Penzo in realtà non è esattamente una milanese doc, ma ha un entusiasmo contagioso, è giovane e simpatica e ci accoglie nel suo mini appartamento da 22mq nel cuore di quella Brera che mi manca tanto, proprio accanto al mio vecchio ufficio.
Il suo repertorio è perfetto per me: Einaudi, Cacciapaglia, Debussy e Tiersen, con una veloce incursione in un bel brano di Allevi, oltre ad alcune composizioni personali davvero gradevoli.
Qualche biscotto, un bicchiere di Coca Cola e tanta voglia di condividere la passione per la musica ed il piano, hanno reso il piccolo concerto un'esperienza davvero da ricordare.
Guardare volare le lunghe dita di un pianista sulla tastiera è un'emozione sempre grande per me che spesso mi commuove.

Che dirvi d'altro? Lo so, latito parecchio, ma è un periodo un po' così, di grandi sconvolgimenti e subbugli emozionali che mi tengono lontana dal blog per non riversarvi malumori da M.me Bovary, la mia specialità.
Prima o poi spero di tornare a ritmi ed umori normali, ma sino ad allora...arrivederci.

lunedì 13 maggio 2013

Mimetismo urbano


Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?"
Da tutti i suoi occh
i, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
"Lei non sa chi sono io!"
Gli spiritosi lanciavano frizzi:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l'olio d'oliva."
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il segnale di - via libera - per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio."

Gianni Rodari


Ogni tanto anche gli angoli più tristi della città offrono lampi di poesia.

lunedì 22 aprile 2013

la bellezza è anche estetica, del resto

Sabato mio padre ha ricevuto una telefonata inattesa: dopo 31 anni, di punto in bianco, la coppia che avevano incontrato in viaggio di nozze e che avevano visto l'ultima volta in occasione della mia nascita, li ha chiamati. Così, per sapere come stavano.
Per me questi sono come piccoli miracoli che allargano il cuore in un sorriso genuino.

Stamattina ho deciso di farmela a piedi dalla stazione della metro all'ufficio. Non è molto, circa un chilometro, ma con andatura lenta ci ho comunque messo un quarto d'ora.
Sono passata accanto ad una casa di cui rimaneva solo la facciata: sembrava il set di un film western, in cui il saloon in realtà è solo cartapesta sottile.
Poco più avanti, dalla cancellata di un condominio, spuntava una lieve fila di glicine. Ho cercato di carpirne il profumo, ma forse era già appassito.
Nello stesso cortile una palma ed un albero fiorito, di rosa vestito, sembrano quasi abbracciarsi: la strana coppia.


A volte, soprattutto noi milanesi, dimentichiamo quello che ci circonda, schiavi della fretta, senza alcun interesse per la nostra città.

Non so perchè, ma tempo fa ho acquistato un buono per un corso di autotrucco. Lo organizzano vicino a casa mia, per cui la mia pigrizia è sedata sul nascere.
Mi aggiro fra i loft recuperati nelle vecchie fabbriche e mi sembra di stare a Londra o in un Paese straniero.


Dentro al centro mi sento a disagio. Donne sulla quarantina che si fanno truccare e sistemare, padrone dell'arte dell'apparire che spesso denigro, forse anche perchè mi sento inadeguata.
Viene il mio turno, eseguo, con una certa malagrazia e poco mestiere, gli stessi gesti che fa la truccatrice su metà volto. Al termine sono un'altra Elisa.



A volte dimentico che si può esser belle anche così, che non è solo questione di testa, di cultura; la bellezza, a volte - soprattutto, diciamola tutta - è anche estetica.
Così ieri, dopo la visita ad una bella mostra su Doisneau, mi sono concessa anche l'acquisto di un po' di trucchi che non so se userò mai, ma comunque mi ricordano che anch'io faccio parte dell'universo femminile e qualche volte dovrei ricordarlo anche al resto del mondo.

venerdì 5 aprile 2013

Il mio nuovo ufficio

Scendo dal treno. La stazione della metropolitana è piccola, periferica. Delle due presenti funziona una sola scala mobile, ma ormai ho capito qual'è e mi dirigo subito verso l'uscita in fondo.I primi giorni dovevo fare le scale normali, erano guaste entrambe.
Ogni mattina penso a Dante, alla sua "e poi uscimmo a rimirar le stelle", quando faccio capolino da sottoterra.
E' una brutta giornata, piove. Si sa, "Aprile, ogni giorno un barile", ma qui sembra Novembre e anche dentro, da un paio di settimane, mi sento in pieno inverno.
Apro l'ombrello, quello nuovo che ho comprato sulle bancarelle del mercato ligure, durante questa Pasqua di sole meraviglioso che è già solo un ricordo.
Mi incammino, attraverso la strada facendo lo slalom fra un camion ed un motorino incagliati nel traffico milanese come sempre impazzito causa pioggia.
Imbocco la stradina stretta verso la fermata dell'autobus. E' il terzo mezzo che devo prendere per arrivare nel nuovo ufficio, sono già in ballo da 50 minuti.
Passo accanto al giardinetto posteriore di quella che mi pare possa essere una scuola o una piccola biblioteca. E' grazioso, ci sono una forsizia, qualche albero che non conosco, un angolino di verde.
Passo oltre, vedo gente in attesa alla fermata, significa che l'82 non è ancora passata e conviene muoversi se non voglio che mi sfugga da sotto il naso.
Oltrepasso la panetteria con in vetrina le ciambelle che ho comprato per i colleghi il primo giorno dopo il trasloco: un canto delle sirene mangereccio che non ascolto.
Il display alla fermata indica 6 minuti di attesa. Chiudo l'ombrello riparandomi sotto la tettoia della fermata,  ma il vento spruzza la pioggia sugli occhiali e tutto il mondo mi appare velato di lacrime di cielo.
La piazza è pure carina tutto sommato. C'è una panetteria che ha inserito un'emoticon nell'insegna.
Mi torna alla mente il nome di una gelateria che ho intravisto ieri: "Spread".
L'82 si palesa all'improvviso, sbucando veloce da dietro la curva. Ci buttiamo tutti dentro, mi si appannano subito gli occhiali.
Sono solo 3 fermate, ma c'è un po' di traffico, si va avanti a singhiozzo.
Scendo davanti alla bocciofila, sempre chiusa al mattino, ed apro l'ombrello viola. Ne avevo uno arcobaleno che adoravo, ma s'è rotto. L'ho lasciato nel portaombrelli dell'altro ufficio, come un mazzolino di fiori colorato, un pezzettino di me che presto verrà buttato, lo so.
Attraverso la strada dal distributore.


In fondo alla strada l'edificio nuovo, ancora praticamente deserto, dove ci siamo trasferiti.
Affretto il passo davanti ai passi carrai di alcuni cantieri dove sostano i camion in attesa di entrare.
Spingo il portone di vetro dell'ingresso, in quel rettangolo rosso con la lettere argentate sopra DM27: le iniziali della via ed il numero civico della mia nuova prigione.
Dentro il silenzio del cortile, alienante nella sua assenza di vita, quasi mi piace.
Ci sono ulivi bellissimi e camelie in fiore. Piove, ma la bellezza permane e cerco di farmi contagiare.
Apro la porta e fa caldo, il che non è scontato, date le bizze del nuovo impianto di riscaldamento.
Chiudo il mondo all'esterno, tiro su la tapparella ed accendo il pc.
Odio il nuovo ufficio, ma oggi è venerdì e domani andrà meglio.

giovedì 21 marzo 2013

giornata mondiale della poesia


"La poesia è incrinata nel mezzo. Guarda, mi si spacca in mano: da una parte la realtà, dall'altra la bellezza."
Virginia Woolf "Lettera a un giovane poeta"

Oggi è la giornata mondiale della poesia, forma letteraria ch'io amo da sempre, sin dall'infanzia di quell'Ungaretti imparato perché breve, sino alle odi lunghissime di Neruda, declamate ritta in piedi alle medie, per poi scivolare nei giorni della noia estiva, durante i quali fissavo nella testa il Cinque Maggio del Manzoni.
La poesia è la realtà dei sentimenti e delle piccole cose, il caleidoscopio che risveglia il mondo interiore.
E' la bellezza del verso declamato ad alta voce, è la parola posta con cura, coltivata, incredibilmente azzeccata, come se esistesse da sempre, accanto a quelle altre parole che ne compongono il canto.
Ieri mi si chiedeva il senso d'imparare a memoria una poesia.
Come tutte le cose belle, vere, vive, un senso non c'è. E' il piacere di avere sempre con sè uno spicchio d'infinito.
Le poesie sono come ricordi di altre vite che forse non vivremo mai, ma che ci appartengono perchè appartengono all'Umano.
Ne ho scritte tante, durante l'adolescenza...in realtà da quando avevo circa 11 anni ho sempre buttato giù versi sciolti, impressioni di me sgangherate e dolorose.
Ho smesso perché, nonostante incoraggiamenti più o meno illustri, non mi son mai sentita degna di quel mondo. Eppure in me alberga sempre l'amore incondizionato per la rima, per l'espressione poetica.
Un giorno di qualche anno fa ho detto addio a quel mondo così


versi inversi
al mio mentire senza parole
come segni ancorati a pelle.

Momenti ultimi
di una lacrima
che non nega
le ossa rotte,
ma non piange
più l'addio.

Versi inseguiti,
sfiniti passaggi
nell'anima riciclata.

Io
torno
a voi
rinnegando
me

Io
scordo me
rinnegando voi.
(laEli 2007 circa)

Il resto è stata solo vita.

lunedì 18 marzo 2013

18/03/12 - 18/03/13 Buon compleanno Matteo D!


Eri piccolo così e già ci osservavi pensoso. Eri un fagottino piccino, fragile, caldo e morbido e mi facevi tanta tenerezza. E' già passato un anno, nipotino mio, e sei diventato così grande!


Ora che sei lontano, dall'altra parte del Mondo, ti mando tanti abbracci virtuali e non vedo l'ora di rivederti...ti ricorderai ancora della zia?
Buon compleanno patatino!!!

mercoledì 13 marzo 2013

Ophelia

originale QUI

‎"Mi fa male la bocca, credo che la mascella si sia staccata. Con tutta quell’acqua che mi sono ingoiata, speravo di riempirmi di silenzio e invece sono gravida di fango. Ma quando si muore per annegamento la faccia scoppia, il grasso della carne diventa schiuma, la pelle si crepa e gli occhi cadono fuori, plof plof, come le uova dal culo di una gallina, l’acqua arriva al cervello e la pressione lo fa esplodere, allora tutto si mischia. Dura un attimo la morte, ti aggrappi al dolore, cerchi di prendere fiato ma non c’è più aria, allora cerchi di sputare fuori l’acqua ma c’è troppa acqua, un colpo secco e basso ti spegne da dentro e sembra che il cielo si sia fermato, tutto è buio, anche l’anima è buia, il cuore da un’ultima sgomitata, a mascellate d’asino cerca di pompare il sangue, ma invece che sangue pompa acqua e fango, la pelle è di vetro e adesso tutta questa acqua sta schiacciando le ossa. Ecco la prima frattura, alle caviglie, ai femori, come un campo di mine, a catena, a ripetizione, lo scheletro si spacca e dentro entra l’acqua. E se tutta quest’acqua fosse amore? Se tutta quest’acqua fosse il tuo amore? L’invasione sarebbe un respiro così dolce. Un altro colpo e la luce si accende, vedo tutto, dal mondo mi separano solo cinque centimetri di fiume, tendo le mani ma sono verdi, solo cinque centimetri di fiume mi separano dal mondo, se solo qualcuno capitasse per caso, anche un cane basterebbe, mi ci attaccherei come a un principe… Sono viva! Sono viva! Sono ancora viva! Aiuto!" 
Amleto2 - di Filippo Timi

martedì 12 marzo 2013

Cose belle


Passeggiando ieri sera per Brera, col naso all'insù a respirare l'aria di una Milano buona, mi sono imbattuta in questi barattoli pieni di piantine grasse. Legati col filo di ferro ai pali della luce, colorati e inaspettati, richiedevano timidamente l'attenzione dei passanti.
Su uno di essi leggo "Tulip Guerrilla". Di cosa si tratta? Stamattina mi documento e scopro il "Guerrilla Gardening, un gruppo aperto a tutti, un gruppo di appassionati del verde che ha deciso di interagire positivamente con lo spazio urbano attraverso piccoli atti dimostrativi, quelli che noi chiamiamo "attacchi" verdi. Guerrilla Gardening si oppone attivamente al degrado urbano agendo contro l'incuria delle aree verdi. L'attività principale del gruppo è quella di rimodellare ed abbellire, con piante e fiori, le aiuole e le zone dimesse o dimenticate della città. Il movimento è nato in Italia nel 2006 grazie ad un gruppo di giovani milanesi, fondatori di GuerrillaGardening.it, che ancora oggi segue e consiglia i gruppi indipendenti sparsi in tutta Italia."
Non sono in tanti i milanesi-naso-all'insù ed è un peccato perché, come ripeto spesso, la mia città è una signora ritrosa che ama nascondersi e va sbirciata con garbo e curiosità infilando lo sguardo nei cortili oltre cancelli di ferro battuto, o buttandolo in aria, verso soffitti a travi a vista nelle casette di un quartiere, Brera appunto, che somiglia ad un villaggio.

In questi giorni ho la nostalgia preventiva, quel senso di fine di un'epoca che mi prende perché so che sto per lasciare qualcosa che amo. Sono approdata qui nell'ottobre del 2004, a lavorare per l'azienda che entro fine mese si trasferirà in periferia. Questa parte di Milano, un po' fighetta, ma anche tanto graziosa, mi ha conquistata: dal verde del Parco Sempione, alla calma raccolta dei chiostri di San Simpliciano.

Si trovano atti di guerriglia verde, poesie strappate sui muri del MEP, il Movimento Emancipazione della Poesia; c'è il Teatro, lo Strehler sul cui sagrato mi son seduta in gioventù a sorseggiare una birretta solitaria, fra una proiezione e l'altra del Milano Film Festival... Ci sono tanti, tantissimi ricordi che nessuno mi porterà via e forse si faranno ancora più vividi e saldi, chissà. 
Scoprirò una parte di Milano che non mi attira per nulla, ma, magari mi sorprenderà...
Intanto prendo il buono che c'è e che c'è stato e me lo porto nel cuore, come i semi di una guerriglia fiorita di ricordi.

lunedì 4 marzo 2013

I love Filippo Timi - Ovvero, del Don Giovanni


Al terzo incontro con Filippo Timi sono un po' emozionata. Dopo Favola e l'Amleto tocca ad un'opera che non conosco, declinata in decine di modi diversi da decine di autori differenti dal 1630 ad oggi: il Don Giovanni.
Decido di non leggere nulla, di non documentarmi, ed accostarmi allo spettacolo senza alcuna preparazione né pre-giudizio.
Timi è una garanzia, come lo sono, devo dire, gli attori che solitamente sceglie per accompagnarlo sul palco.
Ritrovo, già apprezzate nell'Amleto, Elena Lietti e Marina Rocco che qui però mi convincono molto di più, soprattutto quest'ultima, Zerlina adorabile, e scopro un cast maschile di tutto rispetto.
Scenografie scarne, richiami a Kubrick, da Arancia Meccanica a 2001, costumi oltremodo sfarzosi ed eccentrici al servizio di uno spettacolo che è, come sempre e prima di tutto, Filippo Timi al quadrato.
La riscrittura del testo passa attraverso l'estro dell'attore che fagocita ogni parola per poi ridarle nuova luce secondo la sua ottica.
Ogni volta mi pare di assistere alla metamorfosi dell'opera, come un prisma che cattura la luce, già brillante e bellissima, e ne rifrange un arcobaleno.
Don Giovanni diventa così la macchina desiderante di Deleuze, quel flusso che si connette col mondo femminile senza interruzione e ne esalta la componente feconda.

"(…)Deleuze e Guattari intendono sorprendere, a ripetizione sparano a mitraglia sul desiderio come "natura", come interiore risvegliato dai sensi. Non c’è psiche, non c’è vita che produce i desideri, ma è il desiderio che produce la vita. Il desiderio è prodotto dalla macchina desiderante. Attraverso la macchina il desiderio produce sé stesso e produce il reale. E questo ancor prima che intervenga una qualsiasi rappresentazione.
I confini della macchina non coincidono affatto con quelli del corpo. Lo attraversano, lo tagliano, o possono innescarlo, perfino, in unità più complesse. In parole ancora più estreme: il desiderio come corrente di flussi germinali disfa l’unità dell’organismo, diviene desiderio antitotalitario per definizione.
Agisce sul corpo scomponendolo e ricomponendolo. In tale contesto la schizofrenia è il contrario della psicoanalisi perché oppone la sua molecolarità ai tentativi di di rappresentazione molare e antropomorfica della libido. La quale non è prodotta dal dentro, ma dal fuori. Il desiderio non ha un’identità e non reca una firma. E’ prima del soggetto, di ogni soggetto.
Ma, esso stesso, il desiderio, non è un punto di forza, un cardine produttore di eventi e di azioni. Nomade e slegato, è solo il piano di intersezioni di linee plurime, di immanenti flussi anarchici di energia. Una macchina, certo, ma una macchina strana, capace di assorbire ogni sorta di carburante, di masticare e rielaborare tutte le molecole dell’universo.(…)" 

(Anti Edipo)

Così è il Don Giovanni di Timi che desidera consapevole di dover prima o poi morire, ma senza subire la paura della morte quasi sino alla fine, per sbeffeggiarla nuovamente ed accoglierla in una assoluta accettazione della propria natura.
Così, a differenza del Don Giovanni Mozartiano che si chiude col coro che intona "Questo è il fin di chi fa mal;/E de' perfidi la morte / Alla vita è sempre ugual!", il libertino di Timi si consegna gioioso alla morte, che non è altro che darsi in pasto al desiderio e, quindi, all'assoluto.
Un'opera complessa, divertente, dirompente, proprio come l'attore che adoro.

Terminato lo spettacolo, col cuore in gola e la tremarella, ci appostiamo, con marito e cognata, fuori dai camerini. Stavolta voglio farcela e, come già con Erri de Luca, voglio poter attestare la mia stima ad una persona che, attraverso la sua arte, mi da tanto.

E poi, sì, lo ammetto: Filo è un uomo MOLTO affascinante!
Dopo una mezz'oretta d'attesa eccolo. Ci avviciniamo e mio marito gli chiede se può scattarci una foto assieme.

Lui è stanco, gli bruciano gli occhi, ma si ferma ugualmente a scambiare qualche parola con noi raccontandoci di quanto pesino i costumi di scena.
Una persona alla mano, tranquilla, gioiosa. Ovviamente sono follemente innamorata di lui.
Insomma, per tirare le somme: come sempre, milanesi in lettura, accorrete numerosi al Parenti e non perdetevi assolutamente quest'ennesimo capolavoro!!

martedì 26 febbraio 2013

Ingovernabili










Fisso il monitor cercando le parole. Delle parole qualsiasi per formulare il mio pensiero.
Mica facile.
La batosta per me è stata pesante perché davvero io non lo credevo possibile.
Per me Berlusconi rimane un personaggio ignobile, un buco nero per legalità, diritti, giustizia, buonsenso, buon gusto...vedete un po' voi cosa aggiungere, l'elenco è potenzialmente infinito.
Mi va in corto il cervello a pensare che qualcuno possa averlo votato ANCORA.
Indubbiamente il PD di Bersani è un partito-cadavere che sorride sornione ai suoi vecchi accoliti e non riesce mai a rinnovarsi in modo da essere reale alternativa per nuovi, potenziali, elettori.
Io Renzi non lo avrei votato, lo ammetto, perché Renzi NON è un uomo di sinistra ed io appartengo invece a quell'area culturale, ma forse, pur di non soccombere a Silvio, lui era veramente l'unica alternativa.
Questo perché in Italia la maggior parte non vuole, semplicemente, i "comunisti" al governo.
Termine anacronistico che ormai anche i veri comunisti pronunciano con rimpianto e voce rotta dall'emozione.
Eppure mi sono convinta che sia così, la gente ha votato PDL per varie (opinabilmente stupide) ragioni: per riavere l'IMU, perché è da anni fan sfegata di Silvio o perché "i comunisti mai".
Dicono che ce lo meritiamo perché noi di sinistra non abbiamo saputo fare una campagna convincente, perché noi di sinistra non siamo una valida alternativa.
E forse tutti i torti non si hanno.
Resta il fatto che ai miei occhi resta inconcepibile il voto dato da larga parte dei miei conterranei a quest'uomo. Allucinante.

Ora aspetto l'ultima mazzata, la Lega di Maroni alla guida della mia Lombardia.
E mi rendo conto di fare davvero fatica a guardare in faccia le persone che so che li hanno votati.
Li odio, c'è poco da fare. Mi passerà, ovviamente, ma al momento li sento corresponsabili di una deriva del mio Paese inaccettabile.

Oggi siamo un Paese INGOVERNABILE, è questa la parola che ricorre sulla stampa estera quanto italiana ed è forse la più azzeccata a descriverci tout court.

lunedì 25 febbraio 2013

il tempo dell'azione

Dopo una settimana di influenza eccomi di nuovo qui.
Qui ad aspettare i risultati di un'elezione che mi fa paura perché temo di specchiarmi in un'Italia che non mi rappresenta, anzi, peggio, che mi fa schifo.
Paura di ritrovare una persona inqualificabile, ingiustificabile, a guida del Paese.
Paura perché se non ho il coraggio di lasciarlo, questo Paese, non ho nemmeno la forza per impegnarmi a cambiarlo.
Perché anziché dire "se torna lui, io emigro!", la vera rivoluzione, la vera esclamazione dignitosa da fare, sarebbe "se torna lui, mi butto anch'io in politica! Dal basso, per provarci davvero a cambiare qualcosa, a fare la differenza!".
Ma, lo ammetto pubblicamente, non ho il pelo sullo stomaco, nè la vocazione.
Nella sola indignazione non credo: a lamentarci siamo tutti capaci.
Che sia il tempo dell'azione?
Una risposta non ce l'ho stasera. Di certo resterò col fiato sospeso sino a dati certi.
Poi vedremo cosa farne dell'indignazione.

venerdì 15 febbraio 2013

San Valentino


La neve com'è arrivata se n'è andata da (quasi) tutta la città e intanto è passato anche San Valentino.
Una festa degli innamorati iniziata malissimo perchè, oltre ad avere il solito, rognosissimo, "impegno mensile di noi donne",  marito mi aveva annunciato che sarebbe andato al dormitorio a fare l'assistenza settimanale ai senza tetto.
Ovviamente mi rendo conto sia una cosa bellissima, ma, diciamocelo, ogni tanto mi piacerebbe che riuscisse anche a mettermi come priorità, soprattutto se è San Valentino e non sto bene.
Insomma, come sempre gli ho detto di andare pure, rognando in silenzio dentro di me.
Mi sono lamentata tutto il tempo con colleghi ed amiche, ma il mio freghino non è mica un uomo qualunque.
Così ieri sera, mentre stavo ancora lavorando, con ben poca voglia di tornare nella nostra casetta vuota, ecco che Marito mi chiama e mi chiede se sono ancora in ufficio, proponendomi di passarmi a prendere, andare insieme al suo ufficio e da lì, prima di andare al dormitorio, mi avrebbe accompagnata a casa.
Scodinzolando acconsento e dopo un quarto d'ora eccolo lì, con una tortina in mano, bellissimo.
E, sì, mi è bastato questo, per dimenticare la tristezza, per essere pienamente FELICE.
Non è riuscito ad accompagnarmi a casa e sono rincasata coi mezzi come al solito, ma non me ne fregava nulla: mio marito mi aveva pensata, c'era stato per me. Che chiedere di più?!
Ho mangiato una pasta, mi sono spaparanzata sul divano a guardare Colazione da Tiffany ed ho aspettato il mio meraviglioso uomo per mangiare assieme la sacher che mi aveva regalato.


A volte mi pare di stare con un supereroe, ci pensavo ieri sera, che passa dalla sua amata, ma poi deve scappare a salvare il mondo...
Come dite? Che gli ho fatto io? un piccolo Art Attack, poca roba, ma fatta col cuore:


Sono le mie mani e una poesia di Neruda che recita così:
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
Questo è stato il nostro San Valentino ed è stato davvero dolcissimo. Ringrazio mio marito che come sempre si dimostra uomo tenero ed attento, capace di prendersi cura di me.
Ed abbiamo finito in bellezza la serata, stretti stretti sul divano, a guardare quel finale che mi piace tanto...

lunedì 11 febbraio 2013

nevica


Oggi a Milano nevica. Dal mio ufficio si intravede il parco e quegli alberi carichi di bianco. A me la neve piace tanto, anche quando rompe le balle perchè fa freddo-cane e i mezzi non passano, incagliati non si sa dove nè perchè.
Milano diventa più silenziosa, quasi vivesse in punta di piedi e si è tutti un po' più bambini.
Sono giorni di pensieri cui non voglio dedicarmi e allora guardo i fiocchi che cadono e cerco di sentirmi più leggera insieme a loro.

giovedì 31 gennaio 2013

Parigi - Giorno 7

La nostra avventura parigina sta per terminare purtroppo.
Dopo aver dovuto rinunciare alla mostra di Hopper per la quale mi ero aggiudicata i biglietti a Novembre senza riuscire invece a comprarli per Gennaio, mi sono concessa il biglietto per una personale dedicata ad Elliott Erwitt.
Per chi non lo conoscesse è uno dei fotografi più famosi dell'agenzia Magnum capace di cogliere l'attimo, ma anche l'ironia della vita.
Per spiegare a Luca chi fosse cercavo d'evocare nella sua mente queste foto, famosissima:


Ma non c'era verso! Tutto sommato però forse è stato meglio così, perchè ha potuto scoprire un artista sensibile e divertente, conoscendolo in tutte le sue sfumature.
La mostra si tiene all' Elephante Paname, spazio espositivo ristrutturato di recente ed estremamente affascinante. Ho acquistato i biglietti a Milano per cui entriamo direttamente nella piccola hall dove sono esposte una decina di foto di Erwitt più una piccola personale, coloratissima, di un fotografo di cui, ahimè, mi sfugge il nome.
All'inizio sono un po' delusa: mi pare davvero una raccolta misera, ma la maschera all'ingresso ci appiccica un bollino verde sulle giacche e ci spiega che possiamo poi continuare la visita ai piani superiori.
Ammetto che il mio francese zoppicante non mi lascia intendere se a questi piani troveremo ancora foto di Erwitt o altro, ma intanto cominciamo il nostro giro.
Siamo pochissimi ed abbiamo tutto il tempo di gustarci ogni scatto.
Il bianco e nero del fotografo è sempre incisivo.

"L'occhio curioso" - Immagine presa qui

Immagine presa qui

Questa prima sala espone foto famose e abbastanza "serie", sicuramente di grande impatto emotivo.
Saliamo poi al primo piano, evitando di prendere il particolarissimo ascensore posto all'interno del centro.

Ascensore all'interno dell' Elephante Paname

Ai piani superiori troviamo molti scatti noti di Erwitt, per un totale di 80 stampe, una più bella dell'altra.
Purtroppo non si possono fare foto, ma al termine della visita non posso evitare di comprarmi il costosissimo libro-antologia del fotografo.

Immagine presa qui

Immagine presa qui

Immagine presa qui

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Incredibile la potenza espressiva dei suoi scatti, sia di quelli più ironici che di quelli più drammatici.
Usciamo dall'Elephante Paname sazi e contenti.
Per il pomeriggio, dato che abbiamo il treno alle 19.58, abbiamo previsto solo una tranquilla passeggiata lungo gli Champs Élysées e così decidiamo di farci un giretto anche in Place Vendôme e nei Jardins des Tuileries, al termine dei quali trova posto una gigantesca ruota panoramica ed una giostra d'altri tempi.


Notando il movimento oscillatorio delle cabine decidiamo di rinunciare al giro sulla ruota e continuiamo la passeggiata sui Campi Elisi ingombri di bancarelle natalizie.
A metà percorso incontriamo il Grand Palais ed il Petit Palais ed il magnifico ponte Alexandre.


























Pranziamo in un localino scovato in una vietta laterale, molto intimo e accogliente, il Cafè Victoria: scelta azzeccatissima.



Il conto non è dei meno cari, ma le quantità sono generose ed il rapporto qualità/prezzo decisamente ottimo.
Ci scaldiamo ben bene in attesa di riprendere la via di casa. La mia idea è quella infatti di trotterellare tranquillamente di nuovo sino ai Jardins des Tuileries, andare al super vicino all'appartamento a comprare una baguette ed un po' d'affettato per il viaggio ed attendere l'ora della partenza al calduccio.
Ci avviamo dunque sulla strada del ritorno, passando sotto l'arco di Trionfo e curiosando in alcuni negozi lungo il viale.


Mentre passeggiamo ci imbattiamo anche in una sposa freddolosa, bellissima...

Decido una piccola deviazione per visitare la chiesa della Madeleine, che non è esattamente fra le più belle, ma fa una certa impressione per l'imponenza che la contraddistingue.



E' mentre siamo seduti all'interno della chiesa che Marito si impunta: vuol vedere la Tour Eiffel.
Io sono una persona MOLTO organizzata: se mi cambi le carte in tavola all'ultimo tendo a sclerare, soprattutto se sono stanca. E lo ero. Parecchio.
Così l'innocente richiesta di Luca mi ha fatto un tantino girare le palle. Ma tant'è...vuoi non accontentare l'ammmmore della tua vita? La luce dei tuoi occhi??
E così usciamo a passo spedito e cerchiamo di capire che metropolitana prendere.
Devo dire che la deviazione mi mette di malumore, ma mi permette anche alcuni scatti metropolitani che, tutto sommato, mi piacciono molto...


Arriviamo sotto la Torre e come al solito non mi dice granché.
Scattiamo un paio di foto di rito e via, anche questa è fatta!


Spesa veloce e...sorpresa! Nell'appartamento c'è la signora delle pulizie che doveva venire solo la mattina seguente. Ha già riordinato la cucina e non osiamo sporcarla nuovamente così impacchettiamo semplicemente quel che abbiamo preso per cena e dopo aver atteso un'oretta seduti sul letto per non disturbare la ragazza, decidiamo di dirigerci in stazione.
La vacanza è terminata, questa volta in treno ci assegnano il wagon lit, ma nonostante ciò passo tutto il viaggio sveglia, incapace di sedare il mal di stomaco e mangiucchiando qualche grissino e basta.
Luca russa sonoramente. Il nostro vicino di vagone pure.
Per fortuna fuori dal finestrino si dipana un paesaggio fiabesco addormentato sotto la volta stellata e la Cintura di Orione.
Arrivo a Milano dopo 9 ore di veglia ininterrotta, alle 5 e mezza del mattino, un tantino sfatta.
Individuiamo un taxi, ma la scelta si rivela azzardata: il tassista, un tipetto mal in arnese, mi fa accomodare dietro con le valige perchè nel suo portabagagli non c'è posto (!!) e passa quasi tutti gli incroci col semaforo rosso.
Aggrappati alle maniglie della macchina io e Luca, seduta accanto, ci diamo un tono, snocciolando mentalmente un rosario.
Guadagnata casa, rientriamo finalmente nella nostra tana, dove regna ancora il caos post-natalizio, ma c'è il caldo buono del nostro lettuccio, dove finalmente mi coglie il sonno dei giusti.

FINE

venerdì 25 gennaio 2013

Parigi - Giorno 6

Sesto giorno a Parigi, la nostra fida Museum Card è ormai scaduta (durava 4 giorni), così è tempo di abbandonare i musei per visite più tranquille.
Oggi ci rechiamo ad un altro cimitero, quello "monumentale" di Père-Lachaise, il più famoso della città, con innumerevoli sepolture illustri.
Anche questa volta scopriremo che in realtà le tombe più particolari ed interessanti sono quelle delle persone comuni.
Arrivati al cimitero cerchiamo di recuperare una mappa, dato che quella che avevo stampato io a casa è piuttosto minuta, ma pare impossibile, così decidiamo di arrangiarci con quella che abbiamo e partiamo.
Subito veniamo attirati dalla singolare tomba di un certo Mattei Dogan, sociologo morto 3 anni fa.


Seguono un paio di altre sculture tombali atipiche che difficilmente, a mio avviso, troverebbero posto nei nostri cimiteri.



Come dicevo, sono molti gli uomini illustri tumulati in questo luogo, ma il giro turistico fra le celebrità defunte ammetto che un po' mi deprime, per cui mi sono limitata ad immortalare solo quelli a me più cari, lasciando agli altri solo un mio pensiero fugace.

Proust mi sa sempre di incontro mancato: da secoli mi dico che dovrei leggere La Recherche, quanto meno Un amore di Swann, ma poi desisto. Chissà,  magari un giorno...

Edith Piaf, la Môme, era una donna molto amata dal popolo parigino ed è ancora tangibile questo affetto. Mentre fotografo la sua tomba, dov'è sepolta assieme al padre, alla figlia ed al secondo marito, origlio quanto si stanno raccontando due uomini che osservano la lapide: gli ultimi anni dell'usignolo, l'amore per Theo contrapposto alla passione per il pugile Cerdan. Sicuramente una vita da romanzo che ancora incanta.


Amedeo Modigliani riposa assieme a Jeanne, altra figura tragica che scelse il suicidio, pur portando in grembo il figlio di Modì. La scritta è in italiano, la tomba è nascosta, un po' defilata e, lo ammetto, mi commuove, anche perchè prima di partire per questo viaggio avevo cominciato a leggere una biografia del pittore scritta dalla prima figlia, omonima della madre, che però non sono riuscita a terminare. 

Particolarmente ambite, ma transennate e vittime degli assalti dei fans, sono le tombe di  Jim Morrison e quella di Oscar Wilde (tremenda!!). Foto di rito, ma devo dire che tutto sommato non mi esaltano, anzi, avevo trovato più bella la sepoltura della moglie di Wilde, al cimitero di Staglieno...

La tomba della moglie di Wilde

Luca decide poi di cercare nei colombari la lapide di Max Ernst. Io sono scettica perchè è un po' come cercare un ago in un pagliaio, ma appena cominciamo e scorrere i loculi ecco che scopriamo delle piccole chicche: foto degli anni 30 bellissime, motti letterari, incisioni tenerissime...una meraviglia!


"Tutti per uno, uno per tutti"


Dire originale è dire poco...

Un simbolo politico in un cimitero..in Itali credo sia impensabile.
Dopo due ore di passeggiata nel cimitero decidiamo che è ora di rincasare e ci rifocilliamo in appartamento aspettando poi il momento opportuno per andare sulla Tour Montparnasse, dal cui 59° piano si gode una vista incredibile sulla Ville Lumière.
La coda è estenuante purtroppo e pioviggina pure. Fra la fila per la biglietteria e quella all'interno per gli ascensori perdiamo davvero un sacco di tempo e anziché goderci il tramonto arriviamo in cima che è già buio.
Lo spettacolo vale comunque l'attesa.


Fare foto in notturna senza il treppiede e col vento che tira a centinai di metri da terra è quasi impossibile, m a faccio del mio meglio e sono abbastanza soddisfatta.


Dopo altri 40 minuti di coda per scendere attraversiamo la strada e proviamo un locale scovato sempre sul fido TripAdvisor, Flam's.
Si tratta di una catena dove vige la regola del "all you can eat", nella fattispecie, quel che puoi mangiare a sfinimento è la flammkuchen, una specie di pizza spessa quanto un cracker: buona!!!! 


Il locale è più adatto più al ritrovo fra amici, ma ci pappiamo senza grandi problemi 4 flammkuchen.
La quinta, malauguratamente, vola per terra mentre Marito la sta tagliando, dato che il tagliere su cui la servono era in bilico fuori dal tavolo. Una semplice pressione della rotella taglia pizza e SBAM! la nostra flammkuchen è stata catapultata al suolo. Ce ne portano subito un'altra e torniamo a casa appagati e felici.
Domani è il nostro ultimo giorno parigino.


CONTINUA...
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