lunedì 28 marzo 2011

passatempi sine settimanosi

Anche questo week end è stato assai pieno.
Ultimamente la vita si fa concitata e inizio un po' ad accusare il colpo, ma cerchiamo di tenere duro.
Venerdì sera una bella cena in compagnia di amici che non vedevo da un po': un fiume di chiacchiere e le nostre partecipazioni da consegnare.
Sabato mattina ennesima prova della lente a contatto. Stavolta l'ho tenuta su un'ora e passa con ottimi risultati. Il vero problema resta sempre toglierla: non c'è verso! Addirittura l'ottico ha dovuto ricorrere ad un colorante e spararmi poi una lampada stile C.S.I. nell'occhio per recuperarla! Torno domani sera e speriamo vada meglio sennò ci perdiamo troppo tempo.
Nel pomeriggio partitella a tennis e la sera teatro con cognata al seguito.
Lo spettacolo in questione è "Donna non rieducabile", testo tratto da articoli e scritti autobiografici della compianta giornalista Anna Politkovskaya e portati in scena dalla bravissima Ottavia Piccolo. L'attrice, che non avevo mai visto a teatro, mi colpisce in particolar modo. Avevo già letto molti articoli della Politkovskaya, oltra ad un suo libro, per cui conoscevo già, diciamo, la sua materia d'indagine: è la Piccolo che mi sorprende con una recitazione misuratissima eppure partecipe, umile ed efficace.
Di bianco vestita, Ottavia scompare e diventa Anna, una voce non rieducabile, che ci scuote, nel torpore della nostra vita semplice, ci mostra l'orrore quotidiano di una guerra che è massacro senza ragione, dove i più deboli vengono spazzati via. Come tutte le guerre.
20 flash, 20 quadri che ci scaraventano nel suo vissuto e nella storia della Cecenia.
Veramente uno spettacolo da non perdere.

Infine ieri mattina me ne sono andata alla fiera Fà la Cosa Giusta. Un'affluenza maggiore, più stand gastronomici e una fiera in generale, più "consumista". La prima volta che vi ero andata mi avevano molto colpito i vari, piccoli, laboratori che coinvolgevano soprattutto i bambini e che, a mio avviso erano una delle forse di questa iniziativa.
Ieri ho visto molte tavole rotonde per gli adulti, qualche gruppetto di bambini che correvano a destra e manca, forse impegnati in qualche gioco, ma nulla di più e un po' mi dispiace. In generale sempre un buon modo per impegnare 2 ore del proprio tempo e scoprire una città partecipata e piena d'iniziative.
Ieri ero ovviamente distrutta e alla fine sono crollata sul divano alle 21.30!
Oggi è lunedì, ma stamattina ho ritirato il nulla osta in Comune e un po' mi sento gioiosa. ^_^

venerdì 25 marzo 2011

E naufragar m'è amaro in questo mare...

Ieri si cercava di discutere in pausa pranzo dell'impoverimento lessicale cui siamo soggetti.
Il problema della nostra bistrattata lingua in realtà è duplice. Da una parte non sappiamo più usare determinati termini che quindi decadono, dall'altra anche la stessa grafia (difficile, nell'era digitale, parlare di calligrafia) sta subendo vere e proprie mutazioni genetiche nel nome della contrazione ad oltranza.
Io stessa spesso e volentieri utilizzo i tanto vituperati "xkè", "xciò", "C 6?" etc etc..
Il mio boss difendeva questa nuova condizione della parola scritta in nome di una maggiore velocità di digitazione. Io stessa pensavo a come molte altre lingue abbiano subìto destino simile negli ultimi anni, basti pensare alle impronunciabili contrazioni dell'inglese, ma'am al posto di madam ad esempio, o anche le semplificazioni dell'American English, da centre a center e via dicendo.
La lingua è un magma vivo ed in continua evoluzione, si sa, e credo che, tutto sommato, questi cambiamenti sarebbero anche accettabili se non fossero ascrivibili ad un'atrofia più ampia della nostra capacità espressiva.
Insomma, la grafia è un sintomo di qualcosa di più ampio, profondo e preoccupante.
Non sappiamo più dedicare tempo alla parola e, quindi, alla costruzione del discorso.
I ragazzi non conoscono che pochi termini, quasi sempre gli stessi, e perdono anche il gusto dell'espressione ricercata, della varietà lessicale che il nostro patrimonio linguistico si porta appresso.
Ieri con la mia collega ci siamo "interrogate" su alcuni termini che avevamo appena trovato nei libri che stiamo leggendo: non ne sapevamo mezzo.
Certo, abigeato (furto del bestiame) e inane (inutile), non sono propriamente termini d'uso comune, ma in ogni caso, ora che li conosco, IO mi sento arricchita in qualche modo poiché ho ampliato la mia capacità di comprensione del mondo. Perché la realtà noi la controlliamo attraverso le parole: per poter gestire un oggetto dobbiamo dargli un nome e per poter comunicare dobbiamo utilizzare un linguaggio consono e condiviso.
Più termini acquisiamo più saremo in grado di esprimere le sfumature del nostro pensiero e di comunciarlo correttamente.
Oggi stiamo perdendo tutto questo. I ragazzi non conoscono che quattro parole in croce, spesso scritte anche scorrettamente. Io stessa, che sin da piccola amavo distinguermi scegliendo accuratamente termini desueti o comunque ricercati (sì, sono una snob irriducibile dalle elementari), mi rendo conto di non riuscire più a sforzarmi in tal senso ed appiattisco il mio linguaggio ogni giorno di più.
Manca, anche il confronto, la discussione faccia a faccia. Da sempre trovo più facile esprimermi per iscritto: ho tempo per PONDERARE le parole, per inanellare i pensieri, metterli in fila e costruire il discorso. Ora poi, col computer è tutto più semplice: niente più bianchetto e le dita corrono veloci sui tasti.
Eppure bisognerebbe imparare di nuovo due cose: leggere - perché solo così si possono imparare nuovi termini, nuove forme espressive e nuovi costrutti,  - e dibattere, discorrere, esporre le proprie idee, ciò che si è imparato e ciò che si è elaborato di conseguenza.
Chi più lo fa? Siamo invasi da opiniosti che esprimono il loro punto di vista in virtù di competenze che non hanno e basta.
Il discorso è antico del resto: non vogliamo più faticare. Le idee ci servono già apparecchiate su un piatto d'argento, lo studio è qualcosa di noioso e dipinto come ormai non necessario alle nostre future carriere.
Così naufraghiamo in un mare di imput che non sappiamo decifrare e parole storpiate, sempre le stesse, che non ci permettono di esprimerci al meglio.
Siamo pronti a pagare questo caro prezzo?

lunedì 21 marzo 2011

Fine settimana ligure

Il mare, una domenica di metà marzo. Sui 14 gradi, un po' di vento che spazza via le ultime nuvole rimaste ad ingombrare un cielo terso.

Prati pieni di margherite e violette, profumi che si espandono nell'aria. Un senso di risveglio e rinascita che fa sorridere, che riempie il cuore.
I fiori del rosmarino nell'orto sotto casa, il sole che li avvolge...












I primi fiori degli alberi da frutto che cercano la luce e si aprono generosi.

Mio padre che controlla il futuro genero mentre accende il barbecue. ADORO vederli interagire! Con mio papa che gironzola e controlla e Luca che saltella gioioso a destra e a manca: sono i miei uomini e li amo da morire!!



Insomma, come avrete capito questo week end siamo andati in Liguria. Sabato a Genova a pranzo con un'ex collega e suo marito e ieri con i miei amici storici invitati da noi. Il freghino come sempre non s'è smentito e abbiamo mangiato con grande soddisfazione!



Ieri lasciare il mare è stato quasi uno strazio: era una giornate splendida e veniva solo voglia di mettersi fuori a prendere il sole, osservando il mare in lontananza..
Non vedo l'ora che arrivi Pasqua per tornare!! Intanto abbiamo consegnato anche qualche partecipazione e ho fatto 4 chiacchiere con le mie pulzelle. Peccato oggi sia lunedì...

mercoledì 16 marzo 2011

Per chi suona la campana?

Questa celeberrima poesia di Donne mi pare particolarmente calzante in questi giorni.

Nessun uomo è un'isola, intero per se stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata via
dall'onda del mare, qualcosa all'Europa viene a mancare,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa.

Ogni morte di uomo mi diminuisce perché
io son parte vivente del genere umano.

E così non mandare
mai a chiedere per chi suona la campana:
essa suona per te.


No man is an island,
Entire of itself.
Each is a piece of the continent,
A part of the main.
If a clod be washed away by the sea,
Europe is the less.
As well as if a promontory were.
As well as if a manor of thine own
Or of thine friend's were.
Each man's death diminishes me,
For I am involved in mankind.
Therefore, send not to know
For whom the bell tolls,
It tolls for thee.

martedì 15 marzo 2011

Ans(i)a

Ogni volta che capitano queste cose e mi trovo a digitare più volte, su google, la parola "Ansa", ammetto che le dita tendono ad aggiungere una vocale.."ansia"..
Inutile dire che in questi giorni la mia attenzione è concentrata sul Giappone. Cosa pensi del nucleare l'avevo già scritto tempo fa e ribadisco con forza e convinzione il mio NO a questa forma di energia.
Ora ci sono Paesi che ci ripensano, e altri, come l'Italia, che vanno avanti.
Di certo non mi aspettavo un dietrofront: i rischi di una centrale nucleare erano già noti, per cui mi pare un po' ipocrita comportarsi come se non si conoscessero.
In Giappone sono abituati a gestire i terremoti, e c'è, fra i sostenitori ad oltranza, chi mi dice che comunque la centrale di Fukushima ha retto benissimo vista la potenza del sisma, ma il problema è che, alla fine della fiera NON ha retto abbastanza bene. La situazione è critica, le radiazioni già si propagano.
Non siamo ancora ad una nuova Chernobyl? Ok, ma dobbiamo per forza aspettare una tale tragedia?
Esistono fonti d'energia alternativa costantemente osteggiate ed ostacolate perchè non sufficientemente remunerative. Il gioco vale la candela?
Il nucleare:
1- Richiede investimenti enormi (sia per la costruzione, per la sicurezza, il controllo manutentivo e il futuro smantellamento delle centrali) e quindi un sistema di gestione assolutamente centralizzato con enormi investimenti di denaro pubblico.
2- L' uranio, attualmente utilizzato come combustibile principale nelle attuali centrali nucleari, è in via di esaurimento, proprio come il petrolio e gli interessi per il controllo dell' uranio sono enormi (quanto sta succedendo in Darfur ne è una prova)
3- Esiste, mai risolto, il problema dello smaltimento delle scorie che coinvolge le generazioni future per millenni
4- Per quanto le centrali più moderne siano studiate e organizzate per ridurre al minimo la probabilità di incidenti, il famoso "cigno nero" può sempre accadere e in tal caso la magnitudo di danno è talmente elevata da rendere il rischio (espresso dal prodotto della probabilità per la magnitudo) comunque elevatissimo.
5- In Italia la situazione organizzativa pubblica è spaventosa. Non si riesce nemmeno a smantellare le vecchie centrali dismesse con criteri di sicurezza, nemmeno si controllano e si smaltiscono in modo appropriato i rifiuti ospedalieri con residua attività radioattiva, scoppiano rivolte popolari ogni volta che si propongono dei siti possibili, ormai abbiamo perso da decenni la tecnologia e l' esperienza del know how. Come possiamo pensare di costruire e gestire nuove centrali che verranno pronte, se tutto va bene tra 15-20 anni?

Ciò che sta accadendo dovrebbe farci riflettere: la natura non si può controllare, ma aggiungere fattori di rischio come questi mi pare pura follia.
E per tornare al Giappone, dopo le epslosioni "(...) torna a salire la temperatura, si forma il vapore pieno di radiazioni, preme sulla copertura secondaria, esplode e si irradia con il suo carico. Quelle nubi che vediamo sollevarsi sopra le centrali sono piene di iodio 131 e cesio 137. Viaggiano con il vento e il Giappone è un paese dominato dal vento. Ieri andavano verso est, oggi verso sud, domani torneranno a ovest.
Nelle prossime ore è prevista pioggia: sarà inevitabilmente pioggia acida e radioattiva. Se cede anche l'ultima corazza dei tre reattori, il Giappone vedrà l'inferno."

giovedì 10 marzo 2011

Nubendi

















Ebbene sì: siamo andati finalmente a fare richiesta per le pubblicazioni!!! Devo dire che quando mi hanno letto i dati chiamandomi "la sposa" ho avuto un bel brivido di felicità lungo la schiena.
Ora dobbiamo solo attendere una loro telefonata e poi potremo andare a ritirare il nulla osta per Fortunago.
Sono veramente contenta e soddisfatta!
Mi sono persino truccata stamattina! ^_^

lunedì 7 marzo 2011

Ballata delle donne

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
(Edoardo Sanguineti)

Sabato siamo andati a teatro a sentire Sergio Rubini recitare una selezione di poeti del '900.
In realtà c'è posto anche per l'intramontabile Leopardi e Shakespeare, passando per Puskin, in un'altalena di registri, forme e suoni diversi.
Il teatro è pieno di ragazzi.
Io stentavo quasi a crederci.
Mi piace andare a teatro, ma quasi sempre mi trovo ad essere una delle più giovani in sala. Stavolta no, ci sono tantissimi ragazzi e pure qualche bambino; e mi stupisco ancora di più data la natura dello spettacolo: un recital di poesie. Non c'è il tutto esaurito, è vero, ma in ogni caso, la poesia, oggettivamente materia ostica e un po' snobbata, ha un suo seguito evidentemente.
Rubini è bravissimo: non perde tempo, si getta a capofitto nei versi di Neruda, seguiti da Edoardo e via via, con piccole oasi in prosa per raccontarci la vita di Puskin, o le sua ammirazione per Sanguineti.
E' accompagnato da un trio swing che dà il meglio di sè nelle digressioni che si concede, mentre come sottofondo a volte diventa un po' didascalico ed ingenuamente onomatopeico (nella riproduzione del grido dei gabbiani o di un canto lontano).
Non c'è un solo momento di noia e riesco anche a versare qualche lacrima mentre Rubini declama la Ballata delle donne che ho riportato qui sopra.
Solo Prevèrt, con la sua splendida Déjeuner du matin, mi delude un po': in francese è tutta un'altra storia..

Il a mis le café
Dans la tasse
Il a mis le lait
Dans la tasse de café
Il a mis le sucre
Dans le café au lait
Avec le petit cuiller
Il a tourné
Il a bu le café au lait
Et il a reposé la tasse
Sans me parler
Il a allumé
Une sigarette
Il a fait des ronds
Avec la fumée
Il a mis les cendres
Dans le cendrier
Sans me parler
Sans me regarder
Il s'est levé
Il a mis
Son chapeau sur sa tête
Il a mis
Son manteau de pluie
Parce qu'il pleuvait
Et il est parti
Sous la pluie
Sans une parole
Sans me regarder
Et mois j'ai pris
Ma tête dans ma main
Et j'ai pleuré.

(QUI la traduzione)

Sono uscita da teatro felice, serena, in pace col mondo. Come dicevo nel mio ultimo post, sono convinta che la bellezza sia importantissima, com'è importante, a volte, lasciarsi travolgere da ciò che non è istantaneamente fruibile, ciò che non è semplice, ma si presenta sotto forma di versi, magari, che ci innalzano, ci fanno ragionare, riflettere, oppure, semplicemente, lasciamo vagare nei pensieri.
Più semplicemente: che ci migliorano.

martedì 1 marzo 2011

Dignità e rispetto

Ho voluto mettere un titolo altisonante per una riflessione povera di argomentazioni, forse, e frutto di mere speculazioni personali, ma che comunque ritengo utili proporre.
Sto leggendo un bel libro, a tratti spaventoso, della Mastrocola, scrittrice e insegnante d'italiano in primis, in cui descrive lo stato, non tanto della scuola italiana, ma piuttosto degli STUDENTI italiani.
Il quadro che descrive è quanto meno preoccupante: ragazzi di prima liceo incapaci di scrivere, di formare un pensiero ed articolarlo, di evitare errori di grammatica da prima elementare.
L'analisi è spietata e, a mio avviso, giunge a palesi conclusioni: gli studenti non studiano. Sai che novità! la scuola, salvo casi eccezionali, è da sempre e per tutti una gran rottura di scatole. Il problema è che da qualche anno si giustifica ad oltranza la deriva dellos tudente medio, il suo rifiuto per la letteratura classica, la sua beata ignoranza della lingua italiana in nome di un' Era veloce e digitalizzata in cui il pensiero dev'essere altrettanto lesto e superficiale e l'espressione passare più per intuizioni visive, lampi, piuttosto che ragionamenti ponderati e, magari, un po' noiosi.
Arrivano dunque a scuole ragazzi non abituati all'esercizio, incapaci di faticare, di metterci del loro. Una massa informe ed ebete.
La Mastrocola parla apposta di "massa" poichè il problema è che per venire incontro a questo magma indefinito di assoluta indifferenza allo studio, la scuola s'è adeguata abbassando il proprio livello.
L'individuo della società moderna non ha più modelli alti cui ispirarsi, ma il tamarro della porta accanto, la ragazzina scosciata che fa la sua sfilata in piazza Duomo il sabato pomeriggio.
Le aspirazioni viaggiano raso terra insieme al linguaggio ed al pensiero in un'omologazione che livella ogni mente, che corre inesorabilmente sempre e solo verso il basso.
Ma non il basso pasoliniano, puro e altissimo quanto crudo (e crudele) nella sua realtà quotidina, ma un basso insulso e cattivo, creato ad hoc da immagini televisive e programma stracolmi di opinionisti.
Viene a mancare la dignità della nostra lingua, la sua bellezza, la sua costruzione e la sua poesia che ci aiutavano ad imparare ad esprimere pensieri, ad articolare le nostre tesi, a formulare le nostre certezze e le nostre conclusioni.
Non c'è più il rispetto per chi sa più di noi, per chi ha studiato e parla, dunque, con cognizione di causa. Oggi tutti possono esprimere un'opinione ed essere ascoltati a bocca aperta senza avere alcuna autorità nella materia trattata. Il trionfo delle opinioni dell'uomo comune. Allo stesso modo i ragazzini si sentono in diritto di dire che, ad esempio, Kafka fa schifo e non è importante studiarlo. Possono dirlo, si sentono autorizzati non solo a dirlo e pensarlo, ma ad agire di conseguenza ignorando(lo).

Ne I cento passi c'è un bel dialogo fra Peppino ed il suo amico:

  • Peppino Impastato: Sai cosa penso? Che quest'aeroporto in fondo non è brutto, anzi...
    Salvo Vitale: Ma che cosa esce?
    Peppino Impastato: No ma... Visto così dall'alto, uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre, che è ancora più forte dell'uomo e invece non è così! In fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte poi si trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere: fanno 'ste case schifose con le finestre in alluminio e i muri di mattoni finti... Mi stai seguendo?...
    Salvo Vitale: Eeh, ti sto seguendo!
    Peppino Impastato: ...I balconcini, 'a gente ci va a abitare e ci mette... le tendine, i gerani, la televisione e dopo un po' tutto fa parte del paesaggio, c'è, esiste, nessuno si ricorda più di com'era prima, non ci vuole niente a distruggere la bellezza.
    Salvo Vitale: Ah bè ho capito, ma allora?
    Peppino Impastato: E allora... E allora invece della lotta politica, la coscienza di classe, tutte le manifestazioni necessarie, bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza, aiutarla a riconoscela, a difenderla.
    Salvo Vitale La bellezza?
    Peppino Impastato: La bellezza, è importante la bellezza, da quella scende giù tutto il resto.
Ho sempre amato questo scambio di battute. Perchè è vero che non sappiamo più riconoscere il Bello e l'Arte, di conseguenza. Non sappiamo più averne rispetto, accostarci con una certa deferenza, un certo timore, insieme però al desiderio di capire, di scoprire. Così perdiamo la nostra bellissima lingua, le sue sfumature, e la sostituiamo con le emoticon, con la contrazione ad oltranza.
Così pensiamo che qualsiasi cosa difficile sia da evitare come la peste e non ci accorgiamo che stiamo perdendo noi stessi.
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