giovedì 21 marzo 2013

giornata mondiale della poesia


"La poesia è incrinata nel mezzo. Guarda, mi si spacca in mano: da una parte la realtà, dall'altra la bellezza."
Virginia Woolf "Lettera a un giovane poeta"

Oggi è la giornata mondiale della poesia, forma letteraria ch'io amo da sempre, sin dall'infanzia di quell'Ungaretti imparato perché breve, sino alle odi lunghissime di Neruda, declamate ritta in piedi alle medie, per poi scivolare nei giorni della noia estiva, durante i quali fissavo nella testa il Cinque Maggio del Manzoni.
La poesia è la realtà dei sentimenti e delle piccole cose, il caleidoscopio che risveglia il mondo interiore.
E' la bellezza del verso declamato ad alta voce, è la parola posta con cura, coltivata, incredibilmente azzeccata, come se esistesse da sempre, accanto a quelle altre parole che ne compongono il canto.
Ieri mi si chiedeva il senso d'imparare a memoria una poesia.
Come tutte le cose belle, vere, vive, un senso non c'è. E' il piacere di avere sempre con sè uno spicchio d'infinito.
Le poesie sono come ricordi di altre vite che forse non vivremo mai, ma che ci appartengono perchè appartengono all'Umano.
Ne ho scritte tante, durante l'adolescenza...in realtà da quando avevo circa 11 anni ho sempre buttato giù versi sciolti, impressioni di me sgangherate e dolorose.
Ho smesso perché, nonostante incoraggiamenti più o meno illustri, non mi son mai sentita degna di quel mondo. Eppure in me alberga sempre l'amore incondizionato per la rima, per l'espressione poetica.
Un giorno di qualche anno fa ho detto addio a quel mondo così


versi inversi
al mio mentire senza parole
come segni ancorati a pelle.

Momenti ultimi
di una lacrima
che non nega
le ossa rotte,
ma non piange
più l'addio.

Versi inseguiti,
sfiniti passaggi
nell'anima riciclata.

Io
torno
a voi
rinnegando
me

Io
scordo me
rinnegando voi.
(laEli 2007 circa)

Il resto è stata solo vita.

lunedì 18 marzo 2013

18/03/12 - 18/03/13 Buon compleanno Matteo D!


Eri piccolo così e già ci osservavi pensoso. Eri un fagottino piccino, fragile, caldo e morbido e mi facevi tanta tenerezza. E' già passato un anno, nipotino mio, e sei diventato così grande!


Ora che sei lontano, dall'altra parte del Mondo, ti mando tanti abbracci virtuali e non vedo l'ora di rivederti...ti ricorderai ancora della zia?
Buon compleanno patatino!!!

mercoledì 13 marzo 2013

Ophelia

originale QUI

‎"Mi fa male la bocca, credo che la mascella si sia staccata. Con tutta quell’acqua che mi sono ingoiata, speravo di riempirmi di silenzio e invece sono gravida di fango. Ma quando si muore per annegamento la faccia scoppia, il grasso della carne diventa schiuma, la pelle si crepa e gli occhi cadono fuori, plof plof, come le uova dal culo di una gallina, l’acqua arriva al cervello e la pressione lo fa esplodere, allora tutto si mischia. Dura un attimo la morte, ti aggrappi al dolore, cerchi di prendere fiato ma non c’è più aria, allora cerchi di sputare fuori l’acqua ma c’è troppa acqua, un colpo secco e basso ti spegne da dentro e sembra che il cielo si sia fermato, tutto è buio, anche l’anima è buia, il cuore da un’ultima sgomitata, a mascellate d’asino cerca di pompare il sangue, ma invece che sangue pompa acqua e fango, la pelle è di vetro e adesso tutta questa acqua sta schiacciando le ossa. Ecco la prima frattura, alle caviglie, ai femori, come un campo di mine, a catena, a ripetizione, lo scheletro si spacca e dentro entra l’acqua. E se tutta quest’acqua fosse amore? Se tutta quest’acqua fosse il tuo amore? L’invasione sarebbe un respiro così dolce. Un altro colpo e la luce si accende, vedo tutto, dal mondo mi separano solo cinque centimetri di fiume, tendo le mani ma sono verdi, solo cinque centimetri di fiume mi separano dal mondo, se solo qualcuno capitasse per caso, anche un cane basterebbe, mi ci attaccherei come a un principe… Sono viva! Sono viva! Sono ancora viva! Aiuto!" 
Amleto2 - di Filippo Timi

martedì 12 marzo 2013

Cose belle


Passeggiando ieri sera per Brera, col naso all'insù a respirare l'aria di una Milano buona, mi sono imbattuta in questi barattoli pieni di piantine grasse. Legati col filo di ferro ai pali della luce, colorati e inaspettati, richiedevano timidamente l'attenzione dei passanti.
Su uno di essi leggo "Tulip Guerrilla". Di cosa si tratta? Stamattina mi documento e scopro il "Guerrilla Gardening, un gruppo aperto a tutti, un gruppo di appassionati del verde che ha deciso di interagire positivamente con lo spazio urbano attraverso piccoli atti dimostrativi, quelli che noi chiamiamo "attacchi" verdi. Guerrilla Gardening si oppone attivamente al degrado urbano agendo contro l'incuria delle aree verdi. L'attività principale del gruppo è quella di rimodellare ed abbellire, con piante e fiori, le aiuole e le zone dimesse o dimenticate della città. Il movimento è nato in Italia nel 2006 grazie ad un gruppo di giovani milanesi, fondatori di GuerrillaGardening.it, che ancora oggi segue e consiglia i gruppi indipendenti sparsi in tutta Italia."
Non sono in tanti i milanesi-naso-all'insù ed è un peccato perché, come ripeto spesso, la mia città è una signora ritrosa che ama nascondersi e va sbirciata con garbo e curiosità infilando lo sguardo nei cortili oltre cancelli di ferro battuto, o buttandolo in aria, verso soffitti a travi a vista nelle casette di un quartiere, Brera appunto, che somiglia ad un villaggio.

In questi giorni ho la nostalgia preventiva, quel senso di fine di un'epoca che mi prende perché so che sto per lasciare qualcosa che amo. Sono approdata qui nell'ottobre del 2004, a lavorare per l'azienda che entro fine mese si trasferirà in periferia. Questa parte di Milano, un po' fighetta, ma anche tanto graziosa, mi ha conquistata: dal verde del Parco Sempione, alla calma raccolta dei chiostri di San Simpliciano.

Si trovano atti di guerriglia verde, poesie strappate sui muri del MEP, il Movimento Emancipazione della Poesia; c'è il Teatro, lo Strehler sul cui sagrato mi son seduta in gioventù a sorseggiare una birretta solitaria, fra una proiezione e l'altra del Milano Film Festival... Ci sono tanti, tantissimi ricordi che nessuno mi porterà via e forse si faranno ancora più vividi e saldi, chissà. 
Scoprirò una parte di Milano che non mi attira per nulla, ma, magari mi sorprenderà...
Intanto prendo il buono che c'è e che c'è stato e me lo porto nel cuore, come i semi di una guerriglia fiorita di ricordi.

lunedì 4 marzo 2013

I love Filippo Timi - Ovvero, del Don Giovanni


Al terzo incontro con Filippo Timi sono un po' emozionata. Dopo Favola e l'Amleto tocca ad un'opera che non conosco, declinata in decine di modi diversi da decine di autori differenti dal 1630 ad oggi: il Don Giovanni.
Decido di non leggere nulla, di non documentarmi, ed accostarmi allo spettacolo senza alcuna preparazione né pre-giudizio.
Timi è una garanzia, come lo sono, devo dire, gli attori che solitamente sceglie per accompagnarlo sul palco.
Ritrovo, già apprezzate nell'Amleto, Elena Lietti e Marina Rocco che qui però mi convincono molto di più, soprattutto quest'ultima, Zerlina adorabile, e scopro un cast maschile di tutto rispetto.
Scenografie scarne, richiami a Kubrick, da Arancia Meccanica a 2001, costumi oltremodo sfarzosi ed eccentrici al servizio di uno spettacolo che è, come sempre e prima di tutto, Filippo Timi al quadrato.
La riscrittura del testo passa attraverso l'estro dell'attore che fagocita ogni parola per poi ridarle nuova luce secondo la sua ottica.
Ogni volta mi pare di assistere alla metamorfosi dell'opera, come un prisma che cattura la luce, già brillante e bellissima, e ne rifrange un arcobaleno.
Don Giovanni diventa così la macchina desiderante di Deleuze, quel flusso che si connette col mondo femminile senza interruzione e ne esalta la componente feconda.

"(…)Deleuze e Guattari intendono sorprendere, a ripetizione sparano a mitraglia sul desiderio come "natura", come interiore risvegliato dai sensi. Non c’è psiche, non c’è vita che produce i desideri, ma è il desiderio che produce la vita. Il desiderio è prodotto dalla macchina desiderante. Attraverso la macchina il desiderio produce sé stesso e produce il reale. E questo ancor prima che intervenga una qualsiasi rappresentazione.
I confini della macchina non coincidono affatto con quelli del corpo. Lo attraversano, lo tagliano, o possono innescarlo, perfino, in unità più complesse. In parole ancora più estreme: il desiderio come corrente di flussi germinali disfa l’unità dell’organismo, diviene desiderio antitotalitario per definizione.
Agisce sul corpo scomponendolo e ricomponendolo. In tale contesto la schizofrenia è il contrario della psicoanalisi perché oppone la sua molecolarità ai tentativi di di rappresentazione molare e antropomorfica della libido. La quale non è prodotta dal dentro, ma dal fuori. Il desiderio non ha un’identità e non reca una firma. E’ prima del soggetto, di ogni soggetto.
Ma, esso stesso, il desiderio, non è un punto di forza, un cardine produttore di eventi e di azioni. Nomade e slegato, è solo il piano di intersezioni di linee plurime, di immanenti flussi anarchici di energia. Una macchina, certo, ma una macchina strana, capace di assorbire ogni sorta di carburante, di masticare e rielaborare tutte le molecole dell’universo.(…)" 

(Anti Edipo)

Così è il Don Giovanni di Timi che desidera consapevole di dover prima o poi morire, ma senza subire la paura della morte quasi sino alla fine, per sbeffeggiarla nuovamente ed accoglierla in una assoluta accettazione della propria natura.
Così, a differenza del Don Giovanni Mozartiano che si chiude col coro che intona "Questo è il fin di chi fa mal;/E de' perfidi la morte / Alla vita è sempre ugual!", il libertino di Timi si consegna gioioso alla morte, che non è altro che darsi in pasto al desiderio e, quindi, all'assoluto.
Un'opera complessa, divertente, dirompente, proprio come l'attore che adoro.

Terminato lo spettacolo, col cuore in gola e la tremarella, ci appostiamo, con marito e cognata, fuori dai camerini. Stavolta voglio farcela e, come già con Erri de Luca, voglio poter attestare la mia stima ad una persona che, attraverso la sua arte, mi da tanto.

E poi, sì, lo ammetto: Filo è un uomo MOLTO affascinante!
Dopo una mezz'oretta d'attesa eccolo. Ci avviciniamo e mio marito gli chiede se può scattarci una foto assieme.

Lui è stanco, gli bruciano gli occhi, ma si ferma ugualmente a scambiare qualche parola con noi raccontandoci di quanto pesino i costumi di scena.
Una persona alla mano, tranquilla, gioiosa. Ovviamente sono follemente innamorata di lui.
Insomma, per tirare le somme: come sempre, milanesi in lettura, accorrete numerosi al Parenti e non perdetevi assolutamente quest'ennesimo capolavoro!!
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