lunedì 4 marzo 2013

I love Filippo Timi - Ovvero, del Don Giovanni


Al terzo incontro con Filippo Timi sono un po' emozionata. Dopo Favola e l'Amleto tocca ad un'opera che non conosco, declinata in decine di modi diversi da decine di autori differenti dal 1630 ad oggi: il Don Giovanni.
Decido di non leggere nulla, di non documentarmi, ed accostarmi allo spettacolo senza alcuna preparazione né pre-giudizio.
Timi è una garanzia, come lo sono, devo dire, gli attori che solitamente sceglie per accompagnarlo sul palco.
Ritrovo, già apprezzate nell'Amleto, Elena Lietti e Marina Rocco che qui però mi convincono molto di più, soprattutto quest'ultima, Zerlina adorabile, e scopro un cast maschile di tutto rispetto.
Scenografie scarne, richiami a Kubrick, da Arancia Meccanica a 2001, costumi oltremodo sfarzosi ed eccentrici al servizio di uno spettacolo che è, come sempre e prima di tutto, Filippo Timi al quadrato.
La riscrittura del testo passa attraverso l'estro dell'attore che fagocita ogni parola per poi ridarle nuova luce secondo la sua ottica.
Ogni volta mi pare di assistere alla metamorfosi dell'opera, come un prisma che cattura la luce, già brillante e bellissima, e ne rifrange un arcobaleno.
Don Giovanni diventa così la macchina desiderante di Deleuze, quel flusso che si connette col mondo femminile senza interruzione e ne esalta la componente feconda.

"(…)Deleuze e Guattari intendono sorprendere, a ripetizione sparano a mitraglia sul desiderio come "natura", come interiore risvegliato dai sensi. Non c’è psiche, non c’è vita che produce i desideri, ma è il desiderio che produce la vita. Il desiderio è prodotto dalla macchina desiderante. Attraverso la macchina il desiderio produce sé stesso e produce il reale. E questo ancor prima che intervenga una qualsiasi rappresentazione.
I confini della macchina non coincidono affatto con quelli del corpo. Lo attraversano, lo tagliano, o possono innescarlo, perfino, in unità più complesse. In parole ancora più estreme: il desiderio come corrente di flussi germinali disfa l’unità dell’organismo, diviene desiderio antitotalitario per definizione.
Agisce sul corpo scomponendolo e ricomponendolo. In tale contesto la schizofrenia è il contrario della psicoanalisi perché oppone la sua molecolarità ai tentativi di di rappresentazione molare e antropomorfica della libido. La quale non è prodotta dal dentro, ma dal fuori. Il desiderio non ha un’identità e non reca una firma. E’ prima del soggetto, di ogni soggetto.
Ma, esso stesso, il desiderio, non è un punto di forza, un cardine produttore di eventi e di azioni. Nomade e slegato, è solo il piano di intersezioni di linee plurime, di immanenti flussi anarchici di energia. Una macchina, certo, ma una macchina strana, capace di assorbire ogni sorta di carburante, di masticare e rielaborare tutte le molecole dell’universo.(…)" 

(Anti Edipo)

Così è il Don Giovanni di Timi che desidera consapevole di dover prima o poi morire, ma senza subire la paura della morte quasi sino alla fine, per sbeffeggiarla nuovamente ed accoglierla in una assoluta accettazione della propria natura.
Così, a differenza del Don Giovanni Mozartiano che si chiude col coro che intona "Questo è il fin di chi fa mal;/E de' perfidi la morte / Alla vita è sempre ugual!", il libertino di Timi si consegna gioioso alla morte, che non è altro che darsi in pasto al desiderio e, quindi, all'assoluto.
Un'opera complessa, divertente, dirompente, proprio come l'attore che adoro.

Terminato lo spettacolo, col cuore in gola e la tremarella, ci appostiamo, con marito e cognata, fuori dai camerini. Stavolta voglio farcela e, come già con Erri de Luca, voglio poter attestare la mia stima ad una persona che, attraverso la sua arte, mi da tanto.

E poi, sì, lo ammetto: Filo è un uomo MOLTO affascinante!
Dopo una mezz'oretta d'attesa eccolo. Ci avviciniamo e mio marito gli chiede se può scattarci una foto assieme.

Lui è stanco, gli bruciano gli occhi, ma si ferma ugualmente a scambiare qualche parola con noi raccontandoci di quanto pesino i costumi di scena.
Una persona alla mano, tranquilla, gioiosa. Ovviamente sono follemente innamorata di lui.
Insomma, per tirare le somme: come sempre, milanesi in lettura, accorrete numerosi al Parenti e non perdetevi assolutamente quest'ennesimo capolavoro!!

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