martedì 30 settembre 2008

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto.
Dà angoscia
Il vivere di un consumato
amore.
L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
Della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
echeggia ancora di mille vite,
disamore, mistero e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
Le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione di esistere.
Il pianto della scavatrice (Pier Paolo Pasolini)


E allora ciò che conta è il mio presente stretto fra le mani, che pure è evanescente ed indecifrabile.
Sforzarsi di coltivare qualcosa dentro di noi, che ci sorpassi, che dica di più, al mondo, su noi stessi e non ci appartenga al tempo stesso.

Giornata iniziata male e in continuo peggioramento: casini sul lavoro e mal di gola galoppante. Unica consolazione l'uscita anticipata causa sciopero mezzi, ma proprio stasera che l'uomo mi rientrerà ad orari assurdi. Insomma.. tutto storto!

lunedì 29 settembre 2008

Burn after reading

La chiave sta tutta in uno degli strepitosi dialoghi fra l'agente della CIA ed il suo superiore che, aggiornato sui fatti, congeda il sottoposto con un "Ne riparliamo quando...quando tutto avrà un senso".
C'è un cadavere di mezzo, uomini e donne come pedine impazzite che agiscono in preda alla paura ed alla vanità e inopportuni ex agenti in cerca di riscatto. "Burn after reading" dei fratelli Coen è molto più che una sottile presa in giro del genere spy-story, ovviamente, eppure non riesce a convincermi del tutto.
Forse sono io che non riesco ad amarli quando si danno al genere comico proprio perchè in ogni loro film, anche nel più drammatico, lo humour nero, caustico dei registi, è sempre presente e dà corpo alle storie. Costruire un intero film su questo tipo di umorismo invece, a mio avviso, non gli riesce del tutto.
I personaggi sono - volutamente, certo - delle macchiette verosimili, ma stereotipate costruite apposta per generare simpatia nei palati fini e per dare l'occasione ad una squadra di attori bravissimi di esprimere tutta la loro cosiddetta gigioneria.
Oh sì, Pitt è irresistibile quando tenta di fare lo sguardo minaccioso, Malkovich è una nevrosi unica, Clooney è l'idiota perfetto e Swinton e McDormand sono come sempre favolose. Sì ok: ma a parte questo?
In quest'universo nevrotico e gretto tutti sognano un po' di amore, ma lo cercano nelle direzioni sbagliate e, soprattutto, coi mezzi sbagliati.La storia non esiste, ed infatti alla fine tutti o quasi i personaggi scompaiono, chi ucciso, chi in fuga. I corpi vengono fatti sparire: nessuno è mai esistito.E resta anche nello spettatore un senso di vacuità che non mi appaga.
E' come se i Coen avessero dilatato una loro inclinazione per l'umorismo nero, declinandola in 96 minuti.
Il buon cinema non è solo questo però, non è un esercizio di stile, un divertissement per snob. Ho riso anch'io, ma da loro mi aspettavo MOLTO di più.

giovedì 25 settembre 2008

TRA STORIA E DIARIO

Tagliamo corto e diciamolo
vivere è inopportuno
sopravvivere inelegante
per chi è postumo ormai
dello scambio indecente
tra storia e diario

Diciamolo chiaro
i postumi per quanto facciano
non sanno stare al mondo

E' una questione di stile.

I. Evangelisti

Giornata storta. Non ne posso più di vedere chi amo così sotto stress. A volte mi vien voglia solo di scappare in campagna a zappare la terra.
...Lo so...non ci crede nessuno.

lunedì 22 settembre 2008

14° e 15° e 16° giorno

Siamo in autunno: è ora che concluda il mio resoconto, per cui accorperò gli ultimi 3 giorni e mi butterò l'estate alle spalle.

17/08/09
La giornata si preannuncia pesante: dobbiamo portare Tia in stazione, prendere il treno per Figueres e visitare il Museo Dalì. Troviamo con un po' di fatica la stazione, ci carichiamo come asini con tutti i nostri bagagli e attendiamo il nostro treno. Si tratta di un regionale che, a quanto suggerisce la banchina stracolma, sarà piuttosto pieno. Con abile mossa (la eli si lancia a prendere posto mentre il freghino arranca dietro con le nostre borse) riusciamo a guadagnarci il nostro posticino tranquillo, mentre già qualche passeggero è costretto a rimanere in piedi.
Il viaggio scorre tranquillo sino ad una stazione sperduta in mezzo al nulla: fermi per più di 40 minuti a causa di un pazzo che, qualche chilometro più avanti, ha pensato bene di piazzare una macchina sulle rotaie. Quando ripartiamo abbiamo già accumulato un'ora di ritardo, ma alla fine giungiamo a destinazione.
Figueres è minuscola e coi nostri borsoni facciamo sì e no 50 metri prima di stravaccarci ad un chiosco per mangiare. L'hotel dista solo 800 metri, ma, carichi come siamo, mi paiono chilometri e chilometri. L'albergo è carinissimo: sta a 2 minuti a piedi dal museo di Dalì e sulla sua facciata si contano decine di enormi farfalle.
Troviamo la prima receptionist, dall'inizio del viaggio, che parla italiano, molliamo le valige nella camera ancora da sistemare e ci fiondiamo nel regno di Dalì.
Impossibile raccontare a parole cosa significhi entrare nel museo del grandissimo artista, che ci accoglie con le sue guglie a forma d'uovo.
Ci troviamo davanti a cadillac guidate da manichini avvolti dall'edera, innaffiati all'inserimento di una monetina, all'interno dell'autovettura; dipinti giganteschi dell'amata Gala; pupazzi avvolti nella cartapesta; vasche da bagno e comodini appesi al soffitto e mille altre stravaganze.
Dalì era un eccessivo, lo sappiamo bene, ma nella sua follia creativa riesce spesso a catturarmi ed ammaliarmi, a farmi credere in un mondo fantastico finalmente reale.
Passiamo dentro al Museo circa 2 ore e quando usciamo siamo talmente stanchi e frastornati che abbiamo solo voglia di lavarci e riposarci finalmente in una camera decente dopo i 2 giorni a Barcellona. La sera passeggiamo un po' per il centro del paese: è molto raccolto e a suo modo romantico, a dimensione uomo. Assaporo la mia ultima cena spagnola: cannelloni! Lo so: sono pessima!
Ci addormentiamo vagamente preoccupati per l'indomani incerto, senza sapere se ci toccherà andar per mare o riusciremo a rimettere in sesto la poderosa Tia.

18/08/08
Sveglia presto per Luca che va a recuperare i biglietti del treno. Abbiamo i minuti contati. Io intanto sistemo le borse (più o meno..sono un po' imbranata) e mi preparo per la colazione lampo.
Ingolliamo senz amasticare brioche e caffè e ci buttiamo in strada: vogliamo prendere il bus stavolta perchè siamo troppo carichi e stanchi per farcela a piedi!
Riusciamo a prenderlo al volo e arriviamo per tempo in stazione. Il viaggio stavolta fila liscio e alle 11 siamo a Barcellona.
Luca mi molla in stazione e parte con Tia alla volta dell'unico gommista che dovrebbe essere aperto. Il miracolo avviene: ci può cambiare la gomma!
In teoria dovrebbe metterci mezz'ora, ma ben presto il tempo preventivato passa ad un'ora. Intorno a me vanno e vengono vari passeggeri, persino dei ragazzi italiani.
Intanto anche la carta di credito di Luca decide di abbandonarci e il mio povero amore deve farsela a piedi sino in stazione per prendere il mio bancomat.
Sono passate 2 ore: non sopporto più òa voce dell'annunciatrice.
Luca riesce a pagare: ora deve solo fare benzina e tornare da me.
Sono passate 3 ore: odio il bambino che schiamazza, corre e mi guarda ridendo e, probabilmente, insultandomi nella sua lingua sotto lo sguardo di silente quanto inutile rimprovero della madre.
Finalmente arriva il mio centauro. Sono quasi le due: vorrei mangiare, ma Luca è stracotto e vuole partire, non lo contraddico nemmeno.
Ci aspettano più di 500 Km sino a Marsiglia: non sarà una passeggiata e siamo partiti anche tardi.
Durante il primo tratto di strada prima del confine son preda anche di un paio di attacchi di sonno. Mi addormento qualche secondo e appena mi riprendo, di soprassalto, mi sveglio del tutto dallo spavento! La strada scorre, il sedere fa male, la schiena pure. Sosta panino. C'è un vento pazzesco, in moto si sente molto.
Passiamo in confine, andiamo avanti.
Ci fermiamo a mangiare qualcosa in un autogrill. Prendo qualcosa che dovrebbe somigliare ai Chicken McNuggets di McDonald. Errore: sono alette di pollo. Trangugio.
Il sole sta calando, l'aria si fa meno calda, il vento s'è un po' calmato.
Arriviamo a Marsiglia che è ormai sera. Il cielo è ancora rosato dal tramonto, il mare è calmo, si vedono le luci del porto.
Sono stanchissima, sono felice.
Penso a Stefania, a come lei avrebbe apprezzato quel momento, a come avremmo potuto condividerlo. Nel rumoroso silenzio del casco le parlo, le racconto come mi sento, come la vorrei accanto.
E' incredibile quanti amori ho già perso..eppure l'unica persona che mi abbia davvero ferita resta solo lei..e solo lei quella che più mi manca.
Dopo svariate peripezie giungiamo in hotel. E' ormai buio, sono quasi le 22.
Marsiglia di notte è splendida. Sarebbe bello visitarla, ma siamo stremati.
Ci addormentiamo guardando Rai Uno..finalmente un po' di italiano, dopo 2 settimane!
L'indomani ci aspetta una tappa impegnativa, ma è l'ultima: possiamo farcela!
19/08/09
Faccio sfoggio del mio francese col concierge: mi piace un mondo! Passo anche qualche minuto a sfogliare Le Monde e mi sento davvero fiera di me stessa. Per così poco? Sì, perchè quella maledetta lingua non l'ho vinta a scuola, ma qui, sul campo, me la cavo senza problemi. Una bella soddisfazione!
Partiamo e so che è l'ultimo viaggio, l'ultimo sforzo.
E' una giornata splendida, non c'è il solito vento maledetto, il mare che intravediamo è di un azzurro da togliere il fiato.
Mancano 450 Km che sommati a quelli di ieri fanno..beh, fanno una eli ed un luca davvero OLTRE il concetto di stanchezza.
Non ho molto da segnalare. Passato il confine Luca accelera un po' ed il viaggio per me si faun pochino più impegnativo, ma stringo i denti: ormai, lo ammetto senza falsa modestia, sono una mezza motociclista anch'io e so che posso farcela.
E ce la facciamo infatti. Arriviamo a casa dei miei, in Liguria, nel pomeriggio inoltrato. Siamo stanchi, maleodoranti ma felici.
Il viaggio è finito. Per ora non c'è un - TO BE CONTINUED -
Per ora.









venerdì 19 settembre 2008

13° giorno

Luca si alza presto e parte alla ricerca del gommista mentre io cerco di riaddormentarmi senza successo. Guardo un po' di tele, ma poi decido di fare quattro passi per il quartiere. Ovviamente non c'è nulla nel raggio di chilometri e gli spagnoli si mostrano sin troppo interessati al mio passaggio, per cui preferisco tornare presto in zona ed aspettare luca nel parchetto davanti all'hotel. Intanto chiamo Laura e mi faccio raccontare l'estate monegliese: la Liguria mi manca, lo ammetto e mi mancano i miei amici, con cui ho condiviso tutte le estati della mia vita.
Luca torna mediamente cotto: c'è un solo gommista che potrebbe essere aperto il lunedì seguente. Decidiamo di tentare la fortuna, passare la giornata in giro e l'indomani, domenica, andare a Figueres come da piano di viaggio, ma in treno anzichè in moto. Alla peggio ci toccherà prendere una costosissima cabina su una delle Grandi Navi Veloci che partono dal porto alla volta di Genova. Il pensiero di farmi 18h di traversata marittima non solo non mi piace, ma mi terrorizza proprio. Non c'è molto da fare comunque e quindi partiamo alla scoperta della città.
Quasta volta sono io a dirigere il giro, a decidere dove andare, per cui, cartina della metro alla mano, scelgo, come prima meta, Passaig de Gracia con le sue case, Batllò e Milà, che nel 2003 non avevo potuto vedere.Il vialone è ampio, arioso, davvero bello. Ai lati si affollano i negozi che a Milano sono relegati negli angusti spazi di via Montenapoleone. Sia io che Luca sbirciamo qua e là con facce stanche ma curiose.Casa Milà, che secondo la mia guida di 5 anni prima è l'unica visitabile, ha già una coda infinita davanti all'ingresso. Ci sediamo su una panchina per decidere se affrontare o meno la prova: ci basta uno sguardo per capire che non ne abbiamo la forza. Scatto qualche foto all'esterno, anche se so che la vera meraviglia sta sul tetto, e poi ripartiamo.
Casa Batllò ha un che di modesto, pare volersi mimetizzare fra gli altri palazzi. Alta, dalle forme sinuose e dalla facciata che ricorda le squame di un pesce: difficile passare inosservata.Incredibile ma vero, è aperta al pubblico da pochissimo; la coda è molto contenuta infatti e stavolta ci buttiamo.Gaudì era un Genio. La casa non solo è esteticamente bellissima nella sua particolarità, ma è anche e soprattutto estremamente funzionale. Ogni soluzione ideata dal grande architetto è volta a sfruttare al meglio la luce naturale e le correnti d'aria esterne. E' come se l'abitazione fosse un immenso essere vivente, un organismo meraviglioso capace di stupire sempre.
I lucernai illuminano le stanze, sistemi di aereazione tanto semplici quanto efficaci portano il fresco in tutta la casa. Le linee sono prevalentemente curve, tutto è armonioso, perfetto.
Giriamo a bocca aperta per più di un'ora fra le varie stanze fin sul tetto, passando per l'innovativo solaio dove, a differenza delle case dell'epoca, circolano aria e luce in abbondanza, cosa che favoriva l'asciugatura dei panni ed impediva il ristagnare di odori molesti.Ci dirigiamo poi nuovamente verso la metropolitana per spostarci verso la Sagrada Familia, più che altro alla ricerca di cibo, dato che la cattedrale era già stata una discreta delusione per me e non ho intenzione di spendere altri soldi per visitarla.
La parte terminata da Gaudì è estremamente affascinante, ma il nuovo cantiere lascia molto perplessi. La chiesa ha un che di finto e non esiste un vero e proprio filo conduttore, l'armonia di fondo è persa in un progetto forse troppo ambizioso che poteva essere portato a termine solo dal suo eccentrico e geniale creatore.
Mangiamo ad un chioschetto e ci riposiamo un po'. Per fortuna mi tiene in piedi l'entusiasmo per Barcellona, sennò sarei già stravaccata su una panchina, incapace di muovermi.
E' la volta di Montjuic. La prima volta ci ero arrivata facendo un pezzo col Transboreador Aereo e poi gambe in spalla su per la collina. Stavolta prendo subito la funicolare che porta in cima al Castello, nonostante la mia ben nota avversione per l'altezza.

In realtà non è che si sfiorino chissà quali vette, ma il dondolìo della cabina mi dà comunque qualche pensiero e non vedo l'ora di giungere in cima.
Adoro Montjuic: da questo colle e dal suo castello, si domina tutta la città.Luca è molto stanco e si concede una mezz'oretta di riposo sdraiato sulla panchina.Io mi godo il vento ed il sole, guardo Barcellona e mi sento a casa.Passo una mano fra i capelli di Luca pensando a quanto sono felice, a quanto, esattamente lì ed in quel momento, tutto sia perfetto.A fianco a noi ci sono 2 ragazzi americani che discutono della salute del pianeta. Penso abbiano intorno ai 20 anni e sono così indignati! Mi piace ascoltarli, ascoltare la loro rabbia, i loro ragionamenti, le loro idee: mi danno speranza. E poi faccio pure esercizio d'inglese così! ;-)
Riprendiamo il cammino per rientrare in albergo e decidiamo già di non allontanarci troppo la sera: siamo cotti. Per cena ci infiliamo in un locale che fa le pizze non molto distante dall'hotel: siamo in pochi dentro e si sta bene. Andiamo a dormire presto dato che l'indomani ci tocca mollare Tia in stazione e prendere il treno verso Figueres.
Prima di addormentarmi penso 3 cose:
1) è la mia ultima notte a Barcellona, la città che adoro e questo mi spiace
2) è la mia ultima notte nell'hotel Travessera e questa è cosa buona e giusta
3) domani sarò a Figueres, la cità di Dalì e non vedo l'ora...
- TO BE CONTINUED -






mercoledì 17 settembre 2008

12° giorno

Ci lasciamo Huesca alle spalle con la nostra gomma sempre più quadrata e ci mettiamo
in marcia verso Barcellona.Sono preoccupata per il pneumatico, ma non riesco a non pensare che sto tornando nella mia città estera preferita.

Flashback Capodanno 2003:
Io, 'Gnuccia, il Gregario, il Baluba Capo e Rolly approdiamo a Barcellona. Seguono 4 giorni di delirio, sempre con un tasso alcolico spaventoso nel sangue, sempre in giro la notte, persi nel porto, a vagare sulla spiaggia, nei vicoli. Ci cacciano da una discoteca, ci ubriachiamo sulla Barceloneta, mi ritrovo sdraiata per terra, la notte dell'Ultimo, a ballare non ricordo cosa. Disperati tentativi di riconquistare Teo, leggero skazzo con la Ste, città meravigliosa da visitare.. Parc Guell, la Sagrada, Montjuic, il Parco della Ciutadella..Ricordo tutto. Ricordo che avevo 21 anni e mi sentivo VIVA.Allo scoccare della mezzanotte correvo verso Plaça Catalunya senza paure nè buoni propositi, senza zavorre di alcun tipo: correvo verso un futuro incerto, da sola.
Felice. Questa era stata Barcellona per me.

Arriviamo all'Hotel Travessera relativamente presto nel pomeriggio. Ho già parlato di questo ORRENDO albergo e non aggiungerò altro. Luca mi lascia in stanza e parte alla ricerca di un gommista aperto o che possa aprire l'indomani, dato che è Ferragosto. Io boccheggio un po' sul letto, infastidita dalla camera, ma felice d'essere lì.
Quando rientra ci riassettiamo e partiamo verso del Parc Guell che dista circa un quarto d'ora a piedi dall'hotel.A differenza di 5 anni prima, visitiamo anche le due villette poste di fronte alla
famosa scalinata col lucertolone simbolo del parco.
E' tutto familiare per me, gironzolo cercando le parti che potrei aver saltato durante la mia prima visita e cerco di evitare i ricordi dolorosi di un'amicizia persa.
Luca è abbastanza stanco ed io non voglio stare troppo tempo in giro dato che abbiamo anche tutto il giorno seguente, per cui ci limitiamo ad una passeggiata sulla rambla sino ad arrivare al mare, nei pressi del Maremagnum.
C'è veramente TANTA gente: non siamo quasi più abituati! Persino a Huesca, dove c'era l'intero paese in festa, c'era meno ressa! Ci fermiamo a mangiare sulla rambla e dopo 4 bicchieri di sangria inizio a straparlare. Sono davvero contenta però. Conosco Barcellona, conosco i suoi angoli, le strade che non farò con Luca. E' come se fossi depositaria di altri segreti, come se sapessi, in ogni istante, che c'è DI PIù.
Torniamo in hotel presto e alle dieci siamo già a letto. Segue una nottata da incubo con l'aria condizionata rumorosissima ed inefficacie, gli autobus che passano continuamente sotto la nostra finestra e le urla e gli schiamazzi sino alle 4 di mattina.
Per "fortuna" la mattina dopo posso riposare un po' mentre Luca, povero tato, va ancora alla disperata ricerca del gommista.
- TO BE CONTINUED -

martedì 16 settembre 2008

Italo luna storta Evangelisti

Leggo "Madre" come sempre un po' intimorita, ma cercando di dar corpo alla mia poesia.
Sono in piedi davanti a persone che stimo, scrittori, poeti.
In prima fila Italo Evangelisti, un uomo di carattere, un uomo che ama le parole, un poeta che odia le poesie "del mare, del sole e dei gabbiani che volano".
Quando torno a sedermi lui si volta e mi dice solo "Brava".
Solo dopo scoprirò che mi aveva lodata anche durante la mia lettura.
Questo amo dello scambio di poesie/idee/parole con chi scrive: ti capita d'essere apprezzata da persone che stimi e questo ti fa crescere, aumenta la tua consapevolezza, la tua voglia di migliorarti.
Italo Evangelisti era un poeta esuberante, pieno d'energia, un uomo che declamava le sue poesie con una forza inconsueta, con passione e coinvolgimento.
Italo Evangelisti, l'avrete capito, non c'è più. Un incidente stradale pochi giorni fa.
Volevo continuare il resoconto del mio viaggio spagnolo, ma oggi mi fermo a rendere omaggio ad una persona che stimavo, ad un Poeta poco conosciuto eppure tanto dotato.
Va a far compagnia ad Alessandro e Marino, altri straordinari poeti, cui rivolgo spesso il pensiero, cui domando scusa se non scrivo più, se non sono stata capace (almeno sino ad oggi) di fare un passo avanti.

elisa

lunedì 15 settembre 2008

tempo relativo

Un week end che mi è parso infinito.
Venerdì sera rimpatriata delle medie: mi ritrovo a parlare di mutui, convivenze e lavoro con ragazzi/e con cui al massimo parlavo di compiti e professori. Siamo passati da "lo sai con chi sta filando tizia?" a "lo sai quanto figli ha caio?".
Sono rimasta spesso zitta, in bilico fra il voler raccontare la mia vita e l'assoluta mancanza di curiosità circa i particolari delle vite degli altri; non per egocentrismo, ma perchè al di là del sapere che stanno bene, non mi interessava nulla di più, lo trovavo senza senso.
Queste rimpatriate sono strane: non siamo lì per tornare a formare un gruppo, per riallacciare amicizie morte e sepolte; basterebbe incontrarsi per strada, aggiornarsi velocemente sulle ultime novità e perdersi ancora.
Sabato invece giornata di depressione e solitudine totale. La mattina, dopo aver convulsamente riordinato e lavato la casa mi sono decisa ad andare al Milano Film festival. La prima volta che vi ho partecipato, due anni fa, l'avevo fatto per sopravvivere, per buttarmi fuori di casa, per emanciparmi dal bisogno di fare sempre le cose con qualcuno. Ero andata, da sola, mi ero immersa nell'atmosfera del festival, nei film. Mi ero seduta sui gradini del Piccolo a bere una birra in compagnia di sconosciuti, parlando, fiduciosa con tutti, desiderosa di un contatto umano qualsiasi.
Quest'anno sono andata sola, pur non essendolo più, ma sentendomi nello stesso modo di due anni fa. I corti che ho visto erano molto carini, soprattutto "Socket" e "La maison en petits cubes", e come sempre mi è piaciuto sentirmi spettatrice privilegiata di film che difficilmente potrò mai rivedere. Il loro essere così effimeri è un valore aggiunto che adoro.
Ho poi vagato un po' per il centro, frastornata dal mal di testa e col cuore gonfio, bisognosa di andare e non pensare. Avevo fame, ma non volevo mangiare. Mi sentivo sola, ma la folla mi infastidiva.
Ho incontrato un compagno delle superiori: la moglie è incinta e lui è felicissimo. Lo chiameranno Luca e gli faccio tanti auguri.
Mi infilo da Promod, compro qualcosa che mi sta pure bene. Sono quasi le due: devo mangiare qualcosa. Spizzico è pieno, McDonald non mi piace. Opto per la libreria e mi compro una raccolta di Buzzati; con lo sconto la pago solo 2 neuro e 50.
Sta per scadere il biglietto della metro: torno a casa, sono quasi le tre e non ho ancora mangiato.
Come da copione passo all'Unes e mi prendo qualcosa di precotto da riscaldare nel micronde. Mangio in silenzio, la tele di sottofondo, danno "Laguna Blu".
La testa mi scoppia, decido di dormire. Mi risveglio alle sei e mezza e respiro piano, penso che ho ancora un'ora da passare sola, poi finalmente riavrò il mio Luca.
Faccio il bagno, ma non mi sento meglio, ho ancora le lacrime che premono sul fondo degli occhi.
Mi sforzo di restare impassibile, ma sono triste e non riesco a non piangere.
Triste per cosa? Perchè?
A dirla tutta non ho una risposta. Capita.
La sera andiamo ad una festa di paese e mangio il panino con la salamella. Si balla il liscio, ma non sono abbastanza ubriaca. La sera mi addormento e penso che voglio archiviare questa giornata, troppo simile a quelle che ho vissuto per tre anni, troppo piena di un vuoto incolmabile e denso.
Domenica va meglio, forse sabato sentivo semplicemente il tempo.
Il mio tempo Passato.

venerdì 12 settembre 2008

11° giorno

Ci svegliamo con un clima incerto. Il sole latita e non possiamo usare la moto: bisogna risparmiare la gomma per arrivare a Barcellona!
Luca il giorno prima ha fatto qualche tantativo per trovare un gommista, ma, ovviamente, siamo incappati nella settimana di festa di Huesca e sono tutti chiusi.
Dedichiamo la mattinata proprio alla cittadina che ci ospita: c'è poco da vedere in realtà, ma la chiesetta romanica e il Duomo sono molto belli, anzi, mi piacciono quasi più della Cattedrale di Burgos!
Il tempo intanto volge al brutto e iniziano a cade due gocce. Ci ripariamo in un bar dove mangiamo un panino mentre aspettiamo l'orario per il treno che ci porterà a Saragozza.
In realtà non ne ho NESSUNA voglia, ma Luca insiste: non possiamo perderci la città dell'Expo 2008! In treno mi addormento miseramente, sono davvero stanca.
A Saragozza c'è quasi il sole e fa decisamente più caldo.
Ci dirigiamo verso la Cattedrale e ci troviamo davanti a un edificio che ricorda molto i tetti assai più nordici incontrati a Vienna l'anno scorso. E' strano ritrovare le stesse tegole colorate in Spagna.
L'interno è maestoso, ricco, quasi opulento, ma tutto sommato ben equilibrato con gli spazi.
Troviamo anche uno splendido, seppur poco illuminato, affresco di Goya, artista che apprezzo molto.
Dopo una breve sosta per far riprendere la eli che si trascina stancamente e stoicamente dietro a luca, ci incamminiamo verso il Palazzo che ospita il Parlamento d'Aragona, il Castillo de la Aljafería. La strada non è proprio poca e abbiamo un breve ed intenso momento di scazzo, o meglio ancora, di sclero della sottoscritta.
Ricordo solo d'essermi sentita persino avvampare da quanto ero arrabbiata. Purtroppo la stanchezza mi porta a perdere le staffe per un niente. Luca come al solito incassa un po', si arrabbia docilmente e il tutto finisce lì.
Del resto ci vuole pazienza da entrambe le parti!
Il Castello è stupendo, soprattutto la parte araba.
Il giardino ospita alcuni alberi di arance e ci si perde nei disegni degli archi che lo incorniciano.
Alcune parti sono state ricostruite sulla base degli elementi rimasti intatti e si legano in modo quasi armonioso con questi ultimi.
Il Palazzo ha due anime: quella moresca e quella cristiana.
La seconda parte è ugualmente bella e riguarda le sale interne dove si incontrano soprattutto soffitti a cassettoni ricchi ed elaborati.
Decidiamo di avviarci verso la stazione a piedi dato che la strada da percorrere è inferiore a quella già percorsa (della serie: ce la posso fare) e ci imbattiamo in una serie di fontanelle e panchine dalle forme particolari, probabilmente poste in occasione dell'Expo che quest'anno ha per tema l'acqua. A dire la verità il tutto dà un po' l'impressione d'essere posto lì per caso e non in via definitiva, ma la zona è abbastanza isolata e, tutto sommato, queste piccole "cascatelle zen" la riqualificano non poco.
Sul treno del ritorno riesco a non dormire, ma la sera mi tocca cenare in hotel dato che non ho la forza di girare per cercare un posto dove si cucini qualcosa che mi vada a genio.
Alla fine della fiera mi devo accontentare di un (pessimo) melone e di un dolce chiamato "piramide di cioccolato" che..ma non fatemene parlare, potrei rimettermi a piangere!!!
La sera, come avrete capito, crollo subito a letto. Il mio pensiero positivo, con cui mi cullo prima di sprofondare nell'oblio (ossia dopo circa 4 secondi) è che domani sarò nella "mia" Barcellona, dopo 5 anni.
E non vedo l'or..ZZZZZZZZZZZZZZZZZZ...

- TO BE CONTINUED -


giovedì 11 settembre 2008

10° giorno

Mi sveglio un po' a fatica, ma abbastanza riposata. Nonostante fossimo esattamente di fronte alla ferrovia sono riuscita a crollare senza sentir passare nemmeno un treno.

La mattina vogliamo visitare l'interno di 'sta benedetta cattedrale di Burgos, poi potremo partire in direzione di Huesca.
Ci aspettano quasi 400 Km di marcia, ma decidiamo ugualmente di concederci prima la visita alla chiesa. Quando arriviamo davanti è ancora troppo presto, ma tempo 5 minuti e si è già creata una discreta coda.
Finalmente entriamo.
Delusione. Come fai a riempire di pesantissimi elementi barocchi una chiesa gotica???!
C'è oro un po' ovunque, statue di santi e madonne coloratissime che contrastano col candore delle volte.
L'unica cosa davvero bella è la cupola, ma per il resto giro distratta fra le colonne facendo due o tre foto svogliate alle poche cose degne di nota.
Per fortuna si recupera un po' col chiostro, ordinato e pulito, ma deturpato da alcune statue moderne in pose strane. Ce n'è una, ad esempio, appoggiata al pozzo medievale, intenta a parlare con un invisibile interlocutore che Luca si appresta subito ad incarnare facendosi immortalare al suo fianco. Guadagnamo in fretta l'uscita e torniamo in hotel per prepararci.
Luca mi fa notare la gomma posteriore: è praticamente quadrata! Il peso notevole sul retro (eli + bagali) e la strada quasi tutta dritta, l'hanno complematemente lisciata.
Siccome sono paranoica inizio a temere che il pneumatico non regga e mi faccio il viaggio un po' sulle spine.
La strada è drittissima e mano a mano che ci avviciniamo a Huesca i centri abitati si fanno più rari. Il territorio è brullo e il vento tira forte: luca deve tenere Tia quasi sempre un po' piegata per non sbandare. L'unico neo di questa strada (come di quasi tutte quelle percorse in Spagna) sono proprio le forti raffiche di vento: io stessa, nonostante il lungo rettilineo, devo rimanere appoggiata al serbatoio per stabilizzare un po' la moto.
Senza troppe difficoltà raggiungiamo il nostro hotel un po' sul tardi. Il posto sembra carino e scopriamo che ci sono fiumi di bancarelle a pochi passi da noi: è la festa di San Lorenzo e per una settimana la città si dà ai festeggiamenti.
Siamo soddisfatti e non troppo stanchi, così decidiamo di riposare un po' e poi fare quattro passi fra le bancarelle.
Ma qualcosa ci blocca: la malefica chiave elettronica non funziona!
Luca si incaponisce per 20 minuti buoni prima di riuscire a far sbloccare la porta! Eravamo un tantinello irritati.
A parte questo la camera è luminosa e abbastanza grande, ha persino un balconcino.
Dopo il giusto riposo decidiamo di fare una passeggiata e di cercare anche un posto dove cenare. Impresa, come sempre, assai ardua. Tutti gli abitanti di Huesca indossano qualcosa di verde, il colore tradizionale della festa, e prendono il solito aperitivo..nessuno mangia..inizio ad odiarli!!
I pochi ristoranti offrono menù principalmente a base di pesce/verdure o carne alta, tutte cose che sua Grazia la Eli non mangia. Mi rendo conto d'essere una discreta stracciamaroni, ma alla fine ci accontentiamo di una crepes salata..e io anche di quella dolce, avevo troppa fame!
Stanchi, ma felici (e dopo aver litigato 10 minuti con la porta) ce ne andiamo a letto.
- TO BE CONTINUED -

mercoledì 10 settembre 2008

9° giorno

A Santander pioviggina. Il cielo è grigio, l'aria umida e fredda.
Indosso la mia maglietta rossa con stampato "Honda VTR" ed il nome sul retro.
Cerco di convincermi che andrà bene, ma io ODIO la pioggia.
Carichiamo la moto e indossiamo subito l'attrezzatura antipioggia. Ciò mi indispone ancora di più, tanto più che, incastrata nei vari strati di indumenti da moto, le mie mutande pensano bene di infilarsi fra le chiappe e non muoversi più: una sensazione quanto meno sgradevole.
Parto insomma, come avrete arguito, un po' col piede sbagliato.
Dobbiamo raggiungere l'altopiano dove si trova Burgos e so già che non faremo l'autostrada, ma la Nacional. In realtà anche questa tipologia di strada è tenuta abbastanza bene e non è affatto impervia, ma è comunque una strada a scorrimento più lento e con qualche curva il che si traduce in maggiore stanchezza per me.
Come se non bastasse, quando iniziamo a salire verso i 1000 metri dell'altopiano, ci ritroviamo immersi in un'atmosfera da periferia milanese con nebbia fitta e pioggerella del menga che rende ancora più difficoltosa la visione della strada.
Luca guida piano, attento, e persino io sento la moto più pesante a quella velocità.
Superiamo due ciclisti (pazzi) che stringono i denti nella foschia densa intorno: fa anche abbastanza freddo.
Il paesaggio è molto particolare: ci sono dei muretti a secco bassi che mi ricordano, non so perchè l'Irlanda, e paesi fantasma in cui non si incontra un'anima.
Finalmente la nebbia si dirada ed ricominciamo a scendere un po' sino a rivedere il sole. Intorno abbiamo una pianura sconfinata ed un cielo infinito sopra la testa. Ci fermiamo per una brevissima sessione fotografica. Si vede in lontananza un lago spazzato dal vento, conla superficie appena increspata da piccole onde di schiuma bianca. Le solite mucche pascolano placide e io tento di mettermi a posto la biancheria intima. Uno spettacolo penoso.
Ripartiamo quasi subito: il mio malumore è piuttosto evidente e sono già un po' stanca, ma cerco di non rompere troppo le scatole a Luca.
La strada è ancora un saliscendi dritto e brullo; intorno incontriamo continuamente i giganteschi "mulini" per la raccolta dell'energia eolica.
Iniziano finalmente le curve, piccoli canyon aridi, depressioni del terreno che prima vediamo dall'alto e in cui poi ci troviamo immersi. Passiamo attraverso paesini dimenticati dal mondo.
Arriviamo a Burgos intorno alle 15:30 dopo 5h di strada. Sono affamata, stanca e con le palle che girano ad elica.
Troviamo un posto dove pranzare, ma alla fine della fiera tocco cibo solo alle quattro: ero ormai isterica!
Luca fa del suo meglio, mantiene la calma anche quando ringhio e quasi mordo, ma sono proprio "oltre".
Arriviamo in hotel che sono quasi le 17 e vorrei solo ronfare. Luca mi concede un'ora di pausa e poi ci ributtiamo in sella per andare a visitare la cattedrale "..che se no non ce la facciamo a vederla, è un peccato!..". Lo ammetto: ho istinti omicidi nei suoi riguardi.
La cittadina è deliziosa, ma io sono in coma. La cattedrale è sì aperta sino alle 19:30, ma consentono l'ingresso solo entro le 18:30, ergo: siamo fregati.
Giriamo un po' per la splendida piazzetta e ci godiamo l'esterno della chiesa veramente stupendo. Ammetto d'essere troppo stanca per capire anche solo dove sono e dopo quattro passi nei dintroni, decidiamo che Luca avrebbe digiunato (era stanco e non stava benissimo) e io avrei recuperato un panino da consumare in albergo.
Detto fatto, siamo corsi in camera e penso di essere crollata intorno alle nove..mi apre quasi di ricordare ancora la luce del sole fuori dalle finestre!
Ecco, il nono giorno l'ho un po' odiato. Ora come ora, comodamente seduta alla mia scrivania, posso dire che la vacanza in moto è comunque molto bella e non escludo certo di rifarla, ma ammetto anche di aver un po' tirato la corda ed essermi buttata in qualcosa che forse è troppo per me. Quando viaggio sulla due ruote mi metto sempre in gioco: paura, stanchezza, dolore alla schiena e a muscoli che ignoravo di avere..superare tutto ciò mi fa stare bene.
Ma in qualche modo non mi appartiene ed una violenza che faccio a me stessa, me ne rendo conto. Forse non ho ancora trovato la giusta via di mezzo...
- TO BE CONTINUED -





martedì 9 settembre 2008

e se domani non esistesse?

Da "Il sole 24h" di oggi:
"A Ginevra è cominciato il conto alla rovescia per Lhc, il più grande acceleratore di particelle al mondo alla cui realizzazione hanno contribuito anche molte aziende italiane. Alle 9.30 di domani il primo fascio di protoni compirà un giro completo del gigantesco anello che corre per 27 Km nel sottosuolo, a 100 metri di profondità sul confine tra Francia e Svizzera. Un giro di rodaggio che è l'inizio di un'eccezionale avventura scientifica perché nei prossimi anni questa macchina, costata oltre 6 miliardi di euro, riprodurrà le condizioni iniziali presenti nell'Universo pochi attimi dopo il Big Bang. Lhc farà scontrare due fasci di protoni con energie fino a 7 volte superiori a quelle degli acceleratori utilizzati oggi per osservare le diverse particelle elementari che si formeranno da queste collisioni. Scopo dell'esperimento è cercare una nuova fisica oltre il «modello standard», l'attuale teoria delle particelle elementari coerente con la scoperta dei bosoni W e Z del Nobel Carlo Rubbia, che mostra però più di un problema nel descrivere la struttura dell'Universo."

Bene: domani alle 9:30 sapremo se questo famoso acceleratore farà collassare il mondo in un gigantesco buco nero.
Personalmente ho i miei dubbi che ciò possa accadere, ma il sospetto resta sempre.
Per cui oggi potrebbe essere il mio ultimo giorno sul pianeta Terra e, tutto sommato, mi ritrovo a pensare che il fatto di cessare d'esistere mi urterebbe un po'.
La cosa mi fa piacere, devo dire.

lunedì 8 settembre 2008

7° e 8° giorno

10/08/08
Ci svegliamo piuttosto rilassati e dopo la colazione ci dirigiamo verso il Guggenheim.
Costeggiamo il fiume in direzione del Museo con tranquillità: abbiamo preso una carta speciale in albergo che dovrebbe farci saltare l'eventuale coda, quindi non abbiamo nessuna fretta.
C'è già un po' di gente in fila all'ingresso, ma nemmeno troppa: è ancora presto.
Siamo gentilmente invitati a lasciare lo zaino nel guardaroba e poi possiamo entrare. La struttura del museo è qualcosa di unico sia dall'esterno che dall'interno.
A dirla tutta è proprio il Museo stesso la vera attrattiva, molto più che le opere ivi esposte. La prima sala che visitiamo è in realtà una specie di enorme hangar dove l'artista Richard Serra ha posto la sua opera. Rimango un tantinello interdetta: si tratta di una serie di "sculture" di metallo alte svariati metri arrotolate su loro stesse in spirali ed onde. Quando inizio a camminarci dentro ed intorno però mi rendo conto che il buon Serra è riuscito nel suo intento: mi sento spaesata, mi gira un po' la testa: sto interagendo con l'opera.
Le altre esposizioni sono più contenute, ma comunque tutte particolare. A dirla tutta nessuna mi colpisce davvero, gioisco solo nell'incappare in un paio di Magritte, ma l'entusiasimo è piuttosto tiepido.
L'arte contemporanea a volte mi risulta quasi fastidiosa perchè non la comprendo. Alcuni storceranno il naso e mi diranno che sono io quella limitata, ma la verità è che penso che il termine "arte" sia un po' abusato ultimamente.
Ad ogni modo restiamo dentro due ore buone e quando usciamo mi concedo finalmente un'altra cruji: la adoro!!
Il pomeriggio ce la dormiamo vergognosamente e usciamo solo verso le sei per visitare la parte vecchia della città. Si sta benissimo, in giro non c'è nemmeno troppa gente e Bilbao è veramente piacevole da girare. Da vedere non c'è poi molto, anche la cattedrale non è un granchè, per cui andiamo a cercare un posto dove pranzare tranquilli e finiamo nella pizzeria del giorno prima dove mi sfogo di nuovo sui nachos con sommo gusto.
Decidiamo di passare un'ultima volta accanto al Museo e ci fermiamo ad ascoltare un trio jazz che suona nel chiosco accanto. Mi rilasso del tutto, in pace col mondo.
Sì, Bilbao mi è proprio piaciuta.


11/08/08
Da bilbao a Santander dovrebbe essere una relativa passeggiata: 100 Km più o meno. Dico "dovrebbe" perchè ho totalmente rimosso quella strada! So che siamo arrivati a Santander, ci siamo cambiati e ci siamo fiondati in spiaggia, al Sardinero.
Il tempo, ovviamente, non era dei migliori: sole ma un vento teso freddo e persistente. Ho tentato di sfoggiare il costume almeno una decina di volte, ma dovevo subito ricoprirmi in fretta per il freddo.
L'intrepido uomo che mi porto appresso invece ha deciso che avrebbe sfidato l'Atlantico e si è diretto a passo sicuro verso la riva.
Devo dire che la sua discesa in mare è stata piuttosto lunga e un po' comica, ma, onore al merito, alla fine si è buttato ed è rimasto dentro una decina di minuti. Quand'è uscito rabbrividivo solo a guardarlo!Dopo esserci un po' appisolati sulla sabbia in attesa che il buon freghino si asciugasse (penso abbia fatto di più il vento che il sole in questo senso), ci siamo diretti al ristorante dove, come al solito, non ho trovato nulla da mangiare salvo l'odiatissimo melone bianco.
Una curiosità: se ordianate una "mousse al limone" vi porteranno in realtà uno YOGURT al limone. Mi hanno fregata anche sul dolce, mannaggia!
Il pomeriggio lo trascorro ascoltando musica sulla spiaggia, canticchinado fra me e me e pregando in cinese affinchè il vento si plachi finalmente.
Ovviamente non so il cinese ed il vento ha imperversato tutto il pomeriggio.
La sera camminiamo un po' per la città: è molto carina, piena di vita e di locali. Ci infiliamo in uno di questi chiedendo timidamente se potevamo cenare dato che, come al solito, tutti si affollavano al bancone delle tapas e nessuno occupava invece i tavolini del ristorante. Mi butto su una pasta alla bolognese e mi ritrovo a dover trangugiare una pasta che sa solo di peperoni: terribile.
La sera crolliamo a letto: domani ci aspettano 180Km di strada Nacional: la tremenda e bellissima N-623.
Ma questa è un'altra storia..
- TO BE CONTINUED -

venerdì 5 settembre 2008

Flashforward e flashback (6° giorno)

05 Settembre 2008
Apro gli occhi, sbircio la sveglia: 4:45. "strano - penso - di solito mi sveglio alle 5:30". Luca è in piedi e si sta vestendo: va al lavoro.
Passo le restanti 3h e mezza a tentare di riaddormentarmi. Senza successo. Quando mi decido ad alzarmi, sull'orlo delle lacrime, mi rendo pure conto che ha dimenticato gli occhiali a casa: mi fossi alzata prima avrei potuto portarglieli, ora è tardi.
Questo per spiegarvi la mania del flashback vacanziero che imperversa in quetso blog ultimamente.
Oggi vi accontentate di quanto ho scritto ieri, ossia il report di un solo giorno, perchè non ho la forza di aggiungere altro..
09/09/08
Splende il sole, ho dormito in un morbidissimo letto ad una piazza e mezza e mi sento fresca e riposata. Più o meno.
Faccio gli auguri al buon Mauro che compie 31 anni e penso al fatto che lo conosco da 26 e che mi fa un po' impressione saperlo così "vecchio".
Scendo pimpante a fare colazione e, meraviglia delle meraviglie, mi trovo davanti un'infinita scelta di cibi e bevande e, addirittura la fontana di cioccolato in cui affogare le ciambelline glassate!! Ricordo che mi sono persino incantata lì davanti: non mi pareva vero!!Dopo la robusta colazione ci prepariamo per la ripresa del viaggio. Faremo un pezzo di strada Nacional e poi ci butteremo sull'autostrada.
Come tappa non è stata una vera e propria passeggiata poichè la strada si è rivelata una splendida litoranea tutta curve con meravigliosi paesaggi e scorci marittimi, ma piuttosto faticosa per le mie braccia sempre impegnate a scaricare il peso sul serbatoio ad ogni curva.
Ammetto però che, nonostante abbia un po' ringhiato contro il mio povero e paziente pilota, abbiamo visto veramente dei posti stupendi ed in moto, non fosse per la fatica, una strada simile è ancora più bella da vivere.
Arriviamo a Bilbao e troviamo subito l'hotel: miracolo!!! Sta a due passi dal Guggenheim, davanti ad un futuristico ponte bianco dalla forma bizzarra. Appena il tempo di sistemarci e usciamo a cercare la pappa. Fa un caldo allucinante e non c'è in giro nessuno. Decido di dirigerci verso il Museo: essendo zona turistica dovremmo trovare qualcosa di aperto, nonostante gli orari impossibili degli spagnoli!
Per fortuna ci imbattiamo in una pizzeria dove fanno anche i nachos al formaggio e posso dare libero sfogo alla mia golosità. Allargo persino gli orizzonti di Luca che non li aveva mai provati e subito li apprezza molto!Giriamo intorno al Guggenheim: è impressionante. Non amo particolarmente l'architettura, non l'ho mai seguita e ricordo sempre e solo la casa sulla cascata di Wright, più in là non vado, ma questo museo è qualcosa di incredibile.
La luce si riflette su tutta la superficie proprio come fossero le scaglie di un pesce e le forme si intersecano e si compenetrano come dialogassero fra loro.E' come...guardare la musica, non so se mi spiego.Nel pomeriggio ci riposiamo un po' e la sera facciamo quattro passi per il centro antico. Bilbao è una città moderna, si vede, ma mantiene anche il suo cuore antico coi mille balconi a veranda affacciati sulle strade. Camminiamo un po', ma il porco che è in me già reclama la cena. Luca propone una puntatina al di là del fiume, dove non siamo ancora stati, ma c'è più o meno il vuoto per cui finiamo nuovamente nei pressi del Guggenheim. Ho così fame che mi mangerei il tavolo, ma ci fanno gentilmente notare che prima delle nove il ristorante non apre. Ci prendiamo una coca intanto che attendiamo il fatidico orario (mancavano 20 minuti) e finalmente ceniamo.Una breve passeggiata lungo il fiume e rientriamo in hotel.

giovedì 4 settembre 2008

4° e 5° giorno

07/08/08
L'hotel non prevede colazione, ma il bar attaccato non ci lascia a stomaco vuoto. Provo un ottimo the pakistano alla cannella ed una brioche al cioccolato lunga quasi 20 cm che mi rimettono in pace con il mondo.
La mattina la vogliamo dedicare alla visita dell città, così ci incamminiamo verso il centro. Sono circa le nove del mattino e sembrano le sei: Pamplona sta ancora dormendo! In giro qualche sparuto turista e nulla più. Ci infiliamo nella prima chiesa che incrociamo proprio pochi secondi dopo l'apertura. Mi scappa da ridere perchè si chiama San Saturnino, proprio come il paese che fa da panorama alla mia casa al mare da 26 anni..quasi quasi mi sento un po' a casa.
Proseguiamo seguendo la mappa recuperata in hotel sino alla stradina dove corrono i tori il giorno di San Firmino. Niente più che una viuzza abbastanza stretta che seguiamo fino ad arrivare all'arena. Ci guardiamo intorno poco convinti e luca decide di passare alla visita della Ciutadella, ossia ciò che rimane delle antiche mura di Pamplona.
Tutto molto "carino", certo, eppure non è molto più che un parco tenuto bene e, sinceramente, è quasi meglio il Sempione!!
Ci sediamo su una panchina e ci rendiamo conto che abbiamo già finito il nostro giro; sono passate solo due ore. Facciamo passare un altro po' di tempo per poter mangiare qualcosa e poi torniamo in hotel. Luca scalpita per fare un giro in moto nel pomeriggio, ma riesco a dissuaderlo e dedichiamo il resto del tempo all'antica arte dello svacco con mio sommo gusto e piacere.
La sera ci attende invece una tragicomica avventura al ristorante Avvocato Pentito dove il cameriere, probabilmente appena assunto, non ne azzecca mezza: conta i tavoli per capire che numero siamo, ci parla velocissimo in spagnolo raccontandocela sù nonostante i nostri sguardi interrogativi e i ripetuti tentativi di fargli capire che non parliamo una singola virgola di spangolo, ci lascia sul tavolo bottiglie di vino dei tavoli che stava sparecchiando e molte altre amenità di questo tipo. Il cibo però è buono e ci facciamo comunque quattro risate. L'indomani ci aspetta una tappa abbastanza tranquilla per cui vado a letto rilassata.
08/08/08
Mi sveglio pensando che è un cosiddetto "giorno palindromo", più o meno, e mi ricordo anche di aver letto che molti sposi hanno cercato di accapparrarsi questa data per il fatidico sì a causa della sua particolarità e del fatto che l'8, in molte culture è un numero benaugurante.
Detto ciò: sono riposata e fiduciosa, tanto più che i chilometri previsti sono circa un'ottantina: di tutto riposo insomma.
Carichiamo Tia e partiamo con una temperatura di tutto rispetto: 14 gradi!! Il tempo si mette sempre al peggio e, imboccata la Nacional, dobbiamo fermarci dopo poco per infilarci l'imbottitura. Io stavo gelando da almeno mezz'ora, ma non osavo fermare Luca e cercavo di fare la dura..per fortuna è stato lui a mollare saggiamente il colpo!
Non passano nemmeno 10 minuti ed ecco le prime gocce che ci costringono ad una nuova sosta per indossare la tenuta antipioggia. Ora: prima volta che devo indossarla.
Fermatevi un attimo ed immaginate una donna di 1,73cmx65Kg, imbragata già dentro un paio di pantaloni con le protezioni rigide e la giacca di circa 6Kg, che tenta di metterci sopra altri pantaloni e un'altra giacca comprati quando pesava 5Kg in meno. Il tutto sotto la pioggia, ai bordi di una superstrada.
E' stata una dura prova, lo ammetto.
Dopo il solito siparietto comico della vestizione e, soprattutto, della risalita sul mezzo, ripartiamo pieni di entusiasmo.
Arriviamo a San Sebastian relativamente presto dato che abbiamo comunque dovuto rallentare un po' a causa della pioggia.
Sembro un'astronuata, ma sono anche abbastanza divertita e rilassata: tutto sommato la pioggia non è così terribile.
L'hotel ha il check in alle 14 e non è nemmeno mezzodì, per cui scarichiamo Tia e ce ne andiamo in centro a gironzolare un po'.
San Sebastian è una splendida località balneare ricca di surfisti e giovanissimi. Le spiagge sono lunghe e spaziose, il cielo è di un blu incredibile nonostante qualche nuvola.
Pregusto già il pomeriggio a prendere il sole e dil mio primo bagno nell'Atlantico insomma.
Dopo aver passeggiato un po' sul meraviglioso lungomare cerchiamo un posto dove pranzare e proviamo finalmente le famose tapas, alimento fondamentale dello spagnolo medio.
Dovete sapere che in Spagna la gente, la sera, NON MANGIA, ma si limita ad ammazzarsi con le famigerate "tapas", stuzzichini, panini e bocconcini vari che sostituiscono la cena e che somigliano al nostro Happy Hour, ma in versione ipervitaminizzata.
E' anche il motivo per cui gli iberici SE cenano lo fanno intorno alle 22: devono digerire l'aperitivo.
Torniamo in hotel per riposare e infilarci il costume e finalmente entriamo nella nostra camera: è enorme! L'hotel è un 4 stelle, uno dei pochi lussi che ci siamo concessi, ed è bellissimo! C'è persino la zona "studio" con poltroncina e scrivania. Il bagno invece ha la particolarità di avere la porta completamente trasparente, ma è l'unica stranezza che incontriamo.
Il pomeriggio indosso il mio costumino azzurro e sono pronta per carpire ogni singolo raggio di sole. Ovviamente il sole è sparito ed al suo posto minacciosi nuvoloni ricoprono il cielo.
Passiamo il resto del tempo stoicamente in spiaggia, ma senza avvicinarci al mare se non per pucciare timidamente il piedino. Delusione.
La sera ci diamo finalmente alla sangria in un ristorante moooolto alla mano e ci rintaniamo presto in hotel: l'indomani saremo di nuovo in viaggio.
- TO BE CONTINUED -

mercoledì 3 settembre 2008

2° e 3° giorno

05/08/08
Mi aspetto un risveglio ad ossa rotte ed invece tutto funziona a dovere. Passeggio qualche minuto fuori dalla camera, mi azzardo addirittura ad accennare qualche esercizio per controllare se è davvero tutto a posto e poi ci fiondiamo a colazione. Il secondo giorno abbiamo in programma Aix-en-Provence/Toulouse, 393 Km. Il fatto che siano 100 in meno del giorno prima mi rassicura un po' ed infatti la strada corre sempre dritta e senza intoppi, ma ci mettiamo comunque 6 ore prima di arrivare in città. Il vero problema si rivela essere la localizzazione dell'hotel: la via dove dovrebbe trovarsi è lunghissima e non intravediamo nemmeno un cartello di indicazioni. Giriamo a vuoto per almeno mezz'ora prima di renderci conto che il cartello col nome dell'albergo in effetti c'è, ma è totalmente girato, quasi impossibile da notare, come del resto l'hotel stesso, nescosto in una strada chiusa.
Optiamo ancora una volta - lo ammetto, su mia insistenza - per la cena in loco e ce la ronfiamo pure un po'. Intanto sfoggio il mio impeccabile francese alla facciazza dell'odiato esame mai passato in università: son soddisfazioni! Prima di coricarci mi godo dalla finestra, con sottile piacere, la grandinata che si becca la nostra odiata/amata Tia. Ringrazio di non esserci in groppa e vado a nanna.
06/08/08
Giornatona: ci aspettano i Pirenei. Luca ha parecchio fantasticato sulla tappa odierna che ci condurrà a Pamplona: curve, paesaggi montani...curve...vabbeh, è un motociclista!
La zavorrina invece è un tantinello preoccupata, ma si siede buona buona dietro e si affida alla sorte. Tuttalpiù, a metà strada, potrei sempre chiedergli una deviazione verso Lourdes!!
L'autostrada è ancora molto bella, incrociamo pesrino un'esercitazione militare con lancio dei paracadutisti piuttosto suggestiva: mi sembra la canzone "It's raining men"...ma meglio non dirlo a Luca! ;-)
Ci dirigiamo verso Roncisvalle e lì iniziano i guai: incredibilmente mi viene la nausea anche in moto. C'era già stato un precedente, ma speravo fosse un'eccezione. Niente da fare, ci dobbiamo fermare.
Per fortuna il panorama è splendido, c'è persino il torrentello rilassante di sottofondo e piano piano passo dal verde al mio solito colorito.
Riprendiamo la marcia e raggiungiamo Roncisvalle giusto in tempo per il pranzo. Prima (e migliore, rispetto a quelle che prenderà in seguito) paella di Luca. Io opto per una specie di pizza/focaccia con prosciutto e formaggio che si taglia con una sotra di martello/mezzaluna e che imparerò ad amare profondamente. Ci concediamo una pausa insieme ai pellegrini che da qui partono per il Cammino di Santiago de Compostela. C'è davvero gente d'ogni tipo: ciclisti più o meno giovani con le due ruote stracariche (e io che mi lamentavo di Tia!!), bande di vecchietti più in forma di me (non che ci voglia molto), ragazzi e persino qualche famiglia.
Siamo tutti sdraiati sul prato e raccogliamo le energie, ognuno col proprio obiettivo, col proprio viaggio. La sensazione è splendida.
Arrivo a Pamplona un po' sui gomiti: ci sono 38 gradi ed io ho su anche l'imbottitura. L'hotel è a pochi passi dal centro così ci godiamo la pennica pomeridiana. Quando usciamo la temperatura, nel giro di 2 ore, è scesa di ben 12 gradi!
Ceniamo in un ristorante molto "in"..talmente "in" che siamo dentro in 4, ovviamente tutti turisti e tutti italiani. In realtà il cibo è ottimo, il prezzo un po' meno. Scambiamo 2 parole con un'altra coppia di motociclisti di Pavia se non ricordo male e ce ne torniamo in albergo.
Mi addormento serena: l'indomani niente moto, ma una sana, tranquilla gita a Pamplona.

- TO BE CONTINUED -

martedì 2 settembre 2008

1° giorno

Sveglia non troppo presto e fra un "bagaglio" e l'altro e i miei guanti nuovi che non si trovano, persi nella nostra magione di 2 stanze, iniziamo a prepararci.
Aspetto sino all'ultimo prima di indossare la mia scomoda e pesante tenuta da zavorrina: pantaloni con le protezioni, la tartaruga per proteggere la schiena e la mia favolosa giacca di pelle nera.
Le borse laterali vengono sormontate dal mio pesantissimo zaino con l'attrezzatura per la pioggia e dalla sacca portatenda SENZA TENDA, dove abbiamo riposto i medicinali e almeno altri 3 o 4 beauty case col cosiddetto "necessaire".
Tia è abbastanza carica. La borsa serbatoio impedisce a Luca di vedere la strumentazione, ma si sa, il vero motociclista la moto "la sente"! ;-)
Con qualche difficoltà mi produco in un' armoniosa staccata di gamba alla Heather Parisi per issarmi su Tia senza urtare/spostare/abbattere la pila di bagagli legata ai lati.
(Ovviamente "qualche difficoltà" si traduce con "un breve siparietto tragicomico".)
Partiamo dopo una breve sosta in ufficio da Luca per caricare un po' di canzoni sul suo mp3 dato che il mio, guarda caso, non si può caricare senza l'ausilio di un pc. Ah! La tecnologia!!
Ad ogni modo PARTIAMO. Non c'è traffico, è lunedì, si viaggia bene a parte i camion. Mi godo l'autostrada, sono ancora in ottima forma, come può esserlo la eli, e arrivo alla prima sosta in autogrill, poco prima del confine francese, ancora fresca e riposata.
La nostra prima tappa è Aix-en-Provence, 494 Km e 8 ore di viaggio in sella.
Le autostrade francesi sono ampie, ariose e corrono lontane dai centri abitati. Incontriamo il primo incidente (ne abbiamo visti 3) con un tir di sbieco sulla carreggiata, ma, pare, nessun ferito. Rallentamento tranquillo. In sosta in un autogrill noto una 2Cavalli versione limosine che attira la mia attenzione: oltre i due posti davanti c'è un caos variopinto di vestiti e valige e al volante due inglesi che hanno l'aria di divertirsi un mondo. Tornano dalla Turchia, sono partiti dall'Inghilterra...devo dire che mi mettono di buon umore.
Quando viaggi in moto capita una cosa strana: la fatica ti fa sentire più vicino ai tuoi simili. Ti senti solidale col camionista che guida da ore, sorridi complice alla zavorrina che monta in sella e noti gesti di inaspettata gentilezza da parte degli automobilisti fermi in coda che si fanno da parte per lasciarti passare.
Un altro motivo d'esaltazione e preventiva ansia è il lancio della monetina ai caselli autostradali francesi. Si possono pagare in vari modi, infatti, i micropedaggi di pochi euro posti ogni 10 Km o quasi sulle loro strade: telepass/carta, contanti al casellante se non si ha la cifra esatta o contanti nell'automatico, da lanciare rigorosamente nell'ampio canestro. La faccenda è divertente non fosse che in moto non è che puoi metterti a contare le monetine per vedere se le hai esatte e quindi arrivavo sempre alla barriera in ansia. Ho anche provato ad aprire prima il portafogli: ho perso 10 Euro, tristemente portati via dal vento..
Arriviamo alla meta che è ormai pomeriggio inoltrato dopo aver vagato un po' alla ricerca dell'hotel che il nostro navigatore non si decideva ad individuare.
Inutile dire che più di una doccia non sono riuscita a fare ed abbiamo pure cenato in hotel, un po' provati anche perchè fuori allenamento.
Ci aspetta una notte di riposo, ma l'indomani si riparte per Toulouse.
- TO BE CONTINUED -



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