venerdì 19 settembre 2008

13° giorno

Luca si alza presto e parte alla ricerca del gommista mentre io cerco di riaddormentarmi senza successo. Guardo un po' di tele, ma poi decido di fare quattro passi per il quartiere. Ovviamente non c'è nulla nel raggio di chilometri e gli spagnoli si mostrano sin troppo interessati al mio passaggio, per cui preferisco tornare presto in zona ed aspettare luca nel parchetto davanti all'hotel. Intanto chiamo Laura e mi faccio raccontare l'estate monegliese: la Liguria mi manca, lo ammetto e mi mancano i miei amici, con cui ho condiviso tutte le estati della mia vita.
Luca torna mediamente cotto: c'è un solo gommista che potrebbe essere aperto il lunedì seguente. Decidiamo di tentare la fortuna, passare la giornata in giro e l'indomani, domenica, andare a Figueres come da piano di viaggio, ma in treno anzichè in moto. Alla peggio ci toccherà prendere una costosissima cabina su una delle Grandi Navi Veloci che partono dal porto alla volta di Genova. Il pensiero di farmi 18h di traversata marittima non solo non mi piace, ma mi terrorizza proprio. Non c'è molto da fare comunque e quindi partiamo alla scoperta della città.
Quasta volta sono io a dirigere il giro, a decidere dove andare, per cui, cartina della metro alla mano, scelgo, come prima meta, Passaig de Gracia con le sue case, Batllò e Milà, che nel 2003 non avevo potuto vedere.Il vialone è ampio, arioso, davvero bello. Ai lati si affollano i negozi che a Milano sono relegati negli angusti spazi di via Montenapoleone. Sia io che Luca sbirciamo qua e là con facce stanche ma curiose.Casa Milà, che secondo la mia guida di 5 anni prima è l'unica visitabile, ha già una coda infinita davanti all'ingresso. Ci sediamo su una panchina per decidere se affrontare o meno la prova: ci basta uno sguardo per capire che non ne abbiamo la forza. Scatto qualche foto all'esterno, anche se so che la vera meraviglia sta sul tetto, e poi ripartiamo.
Casa Batllò ha un che di modesto, pare volersi mimetizzare fra gli altri palazzi. Alta, dalle forme sinuose e dalla facciata che ricorda le squame di un pesce: difficile passare inosservata.Incredibile ma vero, è aperta al pubblico da pochissimo; la coda è molto contenuta infatti e stavolta ci buttiamo.Gaudì era un Genio. La casa non solo è esteticamente bellissima nella sua particolarità, ma è anche e soprattutto estremamente funzionale. Ogni soluzione ideata dal grande architetto è volta a sfruttare al meglio la luce naturale e le correnti d'aria esterne. E' come se l'abitazione fosse un immenso essere vivente, un organismo meraviglioso capace di stupire sempre.
I lucernai illuminano le stanze, sistemi di aereazione tanto semplici quanto efficaci portano il fresco in tutta la casa. Le linee sono prevalentemente curve, tutto è armonioso, perfetto.
Giriamo a bocca aperta per più di un'ora fra le varie stanze fin sul tetto, passando per l'innovativo solaio dove, a differenza delle case dell'epoca, circolano aria e luce in abbondanza, cosa che favoriva l'asciugatura dei panni ed impediva il ristagnare di odori molesti.Ci dirigiamo poi nuovamente verso la metropolitana per spostarci verso la Sagrada Familia, più che altro alla ricerca di cibo, dato che la cattedrale era già stata una discreta delusione per me e non ho intenzione di spendere altri soldi per visitarla.
La parte terminata da Gaudì è estremamente affascinante, ma il nuovo cantiere lascia molto perplessi. La chiesa ha un che di finto e non esiste un vero e proprio filo conduttore, l'armonia di fondo è persa in un progetto forse troppo ambizioso che poteva essere portato a termine solo dal suo eccentrico e geniale creatore.
Mangiamo ad un chioschetto e ci riposiamo un po'. Per fortuna mi tiene in piedi l'entusiasmo per Barcellona, sennò sarei già stravaccata su una panchina, incapace di muovermi.
E' la volta di Montjuic. La prima volta ci ero arrivata facendo un pezzo col Transboreador Aereo e poi gambe in spalla su per la collina. Stavolta prendo subito la funicolare che porta in cima al Castello, nonostante la mia ben nota avversione per l'altezza.

In realtà non è che si sfiorino chissà quali vette, ma il dondolìo della cabina mi dà comunque qualche pensiero e non vedo l'ora di giungere in cima.
Adoro Montjuic: da questo colle e dal suo castello, si domina tutta la città.Luca è molto stanco e si concede una mezz'oretta di riposo sdraiato sulla panchina.Io mi godo il vento ed il sole, guardo Barcellona e mi sento a casa.Passo una mano fra i capelli di Luca pensando a quanto sono felice, a quanto, esattamente lì ed in quel momento, tutto sia perfetto.A fianco a noi ci sono 2 ragazzi americani che discutono della salute del pianeta. Penso abbiano intorno ai 20 anni e sono così indignati! Mi piace ascoltarli, ascoltare la loro rabbia, i loro ragionamenti, le loro idee: mi danno speranza. E poi faccio pure esercizio d'inglese così! ;-)
Riprendiamo il cammino per rientrare in albergo e decidiamo già di non allontanarci troppo la sera: siamo cotti. Per cena ci infiliamo in un locale che fa le pizze non molto distante dall'hotel: siamo in pochi dentro e si sta bene. Andiamo a dormire presto dato che l'indomani ci tocca mollare Tia in stazione e prendere il treno verso Figueres.
Prima di addormentarmi penso 3 cose:
1) è la mia ultima notte a Barcellona, la città che adoro e questo mi spiace
2) è la mia ultima notte nell'hotel Travessera e questa è cosa buona e giusta
3) domani sarò a Figueres, la cità di Dalì e non vedo l'ora...
- TO BE CONTINUED -






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