lunedì 29 settembre 2008

Burn after reading

La chiave sta tutta in uno degli strepitosi dialoghi fra l'agente della CIA ed il suo superiore che, aggiornato sui fatti, congeda il sottoposto con un "Ne riparliamo quando...quando tutto avrà un senso".
C'è un cadavere di mezzo, uomini e donne come pedine impazzite che agiscono in preda alla paura ed alla vanità e inopportuni ex agenti in cerca di riscatto. "Burn after reading" dei fratelli Coen è molto più che una sottile presa in giro del genere spy-story, ovviamente, eppure non riesce a convincermi del tutto.
Forse sono io che non riesco ad amarli quando si danno al genere comico proprio perchè in ogni loro film, anche nel più drammatico, lo humour nero, caustico dei registi, è sempre presente e dà corpo alle storie. Costruire un intero film su questo tipo di umorismo invece, a mio avviso, non gli riesce del tutto.
I personaggi sono - volutamente, certo - delle macchiette verosimili, ma stereotipate costruite apposta per generare simpatia nei palati fini e per dare l'occasione ad una squadra di attori bravissimi di esprimere tutta la loro cosiddetta gigioneria.
Oh sì, Pitt è irresistibile quando tenta di fare lo sguardo minaccioso, Malkovich è una nevrosi unica, Clooney è l'idiota perfetto e Swinton e McDormand sono come sempre favolose. Sì ok: ma a parte questo?
In quest'universo nevrotico e gretto tutti sognano un po' di amore, ma lo cercano nelle direzioni sbagliate e, soprattutto, coi mezzi sbagliati.La storia non esiste, ed infatti alla fine tutti o quasi i personaggi scompaiono, chi ucciso, chi in fuga. I corpi vengono fatti sparire: nessuno è mai esistito.E resta anche nello spettatore un senso di vacuità che non mi appaga.
E' come se i Coen avessero dilatato una loro inclinazione per l'umorismo nero, declinandola in 96 minuti.
Il buon cinema non è solo questo però, non è un esercizio di stile, un divertissement per snob. Ho riso anch'io, ma da loro mi aspettavo MOLTO di più.

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