mercoledì 27 gennaio 2010

Memoria

"Per dare un'idea sommaria di quello che avvenne, basti pensare che in un giorno vennero uccise circa ottomila persone, circa 333 in un'ora, ovvero 5 vite al minuto. Il massacro non avvenne per mezzo di bombe o mitragliatrici, ma principalmente con il più rudimentale ma altrettanto efficace machete e con terribili bastoni chiodati, fatti importare per l'occasione dalla Cina"
Fonte: Wikipedia

Si parla di un particolare massacro, a Gikongoro, in Ruanda, durante il terribile genocidio dei Tutsi dei primi anni 90.
Oggi è il Giorno della Memoria e si ricorda la Shoa.
Giusto ricordare, certo, eppure in questi giorni, in cui televisioni e radio, giornali e dibattiti, si concentrano sul ricordo della follia dell'Olocausto io non posso non ricordare OGNI genocidio che la storia riporti.
Non riesco a non pensare a tutte le guerre in atto nel mondo.
Dicono che la Storia la scrivano i vincitori, ci sono persone che stanno a questionare sui numeri effettivi dei morti per questo o quest'altro signore della guerra o pazzo scriteriato.
La memoria, ricordare che "questo è stato", è fondamentale, ma lo è nella misura in cui ci si ricordi di qualsiasi essere umano.
Leggete quanto scritto sopra: 5 vite al minuto. Vi rendete conto? E non in una camera a gas, ma con "armi bianche", tanto da lasciare segni evidenti sui teschi dei cadaveri, a mani nude.
Questo è stato ed è.
Non c'è un senso, non esiste follia più incomprensibile di un'altra, nè una morte meno significativa di un'altra.
E non è una polemica la mia, nè un blando tentativo negazionista (c'è chi l'ha vista anche così), solo una mia personale visione di questo giorno.

Riporto, per amor di completezza e perchè lo condivido, uno stralcio di un interessante articolo che trovate QUI per intero:
"(...) UNA TRAGEDIA UNICA - La storia dell’umanità, anche quella contemporanea, è costellata di innumerevoli stermini e genocidi, di portata forse anche maggiore (in termini quantitativi) rispetto a quello ebraico. Gran parte di queste tragedie si sono consumate nel silenzio della storia e in pochi le ricordano. La tragedia ebraica, però, presenta una serie di caratteristiche che la rendono unica. I carnefici, tanto per cominciare, non furono “violenti selvaggi”: erano invece esponenti di una nazione moderna, ricca in termini economici e culturali, industrializzata, di fede cristiana. Lo sterminio non fu un massacro a colpi di machete o una sequenza di fucilazioni di massa: esso si svolse in modo silenzioso, metodico, ordinato e coordinato, fu attuato da un gran numero di cittadini nella sostanziale indifferenza o accondiscendenza degli altri cittadini.Le vittime non presero le armi, non tentarono di ribellarsi e spesso nemmeno di sfuggire, quasi sempre non conoscevano nemmeno la sorte che li attendeva: si lasciarono deportare e sopprimere in silenzio. Non esistono precedenti nella storia. Mai è successo che centinaia di migliaia di persone fossero deportate in campi nei quali si procedeva al loro sistematico sterminio, attuato con cinica scientificità. Gli ebrei non erano un’etnia rivale, non erano combattenti nemici, non erano sobillatori o avversari religiosi e ideologici. I nazisti procedettero alla loro eliminazione come se non fossero altro che animali infetti da sopprimere in un mattatoio. Come fu possibile che un’intera nazione moderna si lasciò trascinare in questo lucido atto di follia sterminatrice? L’inquietudine e il disagio che proviamo quando pensiamo a quella tragedia e scorriamo le immagini dei campi di sterminio e delle camere a gas, sta proprio in questo. Noi ci sentiamo milioni di miglia lontani rispetto ai massacri consumati in Africa o nel Sud-Est asiatico… ma quella Germania con la sua cultura e le sue capacità industriali ed economiche ci è terribilmente vicina. Il senso più profondo di ricordare e commemorare l’Olocausto non è tanto quello di rendere omaggio alle sue innumerevoli vittime, quanto di mantenere alto il livello di guardia contro il rischio di finire nello stesso baratro di indifferente folli."

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