Freddo. Siamo a luglio e mi stringo nella felpina troppo leggera che ho portato. C'è una luna chiara aggredita dalle nuvole, alle spalle del palco.
Si spengono le luci e lei si siede accanto all'arpa.
Pizzica le corde, dolcemente, ma è quando leva la sua voce oltre le note dello strumento che il mio cuore trema.
Suono limpido, antico, suono dolce e fermo. Evocativo.
Lei è Loreena McKennitt ed il suo concerto è un'esperienza che auguro a chiunque.
Canta di tragici amori, di leggende celtiche, di radici comuni a tutti i popoli. Canta un linguaggio universale che unisce la Turchia con l'Irlanda, l'Italia con la Spagna. Canta con quella voce capace di sussurrare e gridare e che arriva dritto dritto al cuore.
Quando parla pare accarezzare la parole, è posata, sorridente. Ha cinquant'anni e ne dimostra venti mentre ride e suona la fisarmonica ballando sul palco.
Mi commuovo almeno due o tre volte perchè il suono di un violino in corsa, la voce pastosa del violoncello e mille altre sonorità lontane, sconosciute, non hanno bisogno di filtri o di intermediari, non sono traducibili, hanno un senso diverso per ognuno di noi e mi scuotono senza far male.
Riusciamo persino ad evitare l'acqua anche se due gocce minacciose ci sono scappate.
Brescia mi ha regalato anche questa volta l'avverarsi di un sogno: l'anno scorso Keith Jarrett, quest'anno Loreena...chissà l'anno prossimo ;-)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento