venerdì 29 febbraio 2008

Ho una ciambella in mano. Quelle alla Homer, le famose donuts.
Sto attenta a tenere il sacchettino in perfetto equilibrio in modo che il cioccolato non si incolli alla carta.
Cammino a passo veloce.
Sarebbe più corretto dire "incazzato".
Mi sono tolta i guanti: ho caldo.
Sul marciapiede si riversano fiumi di passeggeri specchio del mio stato d'animo. La metro è guasta.
Non ho tempo per pensare a quale mezzo mi convenga prendere. ATM mi ha fatto timbrare il biglietto e l'alternativa intelligente sarebbe prendere il 9 e poi il 12. Ma sono piuttosto nervosa e ho una ciambella in mano che non voglio rovinare.
Sto camminando e schivo vecchiette isteriche e uomini-giacca-e-cravatta che si lamentano all'auticolare del cellulare.
Una donna quasi si rompe una caviglia su un tacco a spillo messo male, ma recupera subito e riparte in leggera corsa, quasi a scusarsi per aver rallentato chi la seguiva.
Non è che abbia fretta, non mi importa di raggiungere l'ufficio, so già che non ci metterò i soliti 15 minuti, ma per fortuna sono partita presto..sesto senso?
Vado di fretta per il piacere di non pensare, per concentrarmi sul respiro, sulle polveri sottili che inalo. Guardo con una malcelata invidia chi si ferma per accendersi una sigaretta. Ma basta respirare più a fondo milano.
San Babila. Un uomo di colore si sta lavando il viso con l'acqua della fontana. Vorrei dirgli Buon Giorno! Ma probabilmente non è buono manco per lui.
Sotto la galleria un uomo con una chitarra a tracolla e un cappello da cowboy dorato mi passa accanto. Ha degli occhiali rossi a forma di cuore, di quelli che ti regalavano da bambina.
Sorrido.
Sto camminando da 25 minuti e ho sottili gocce di sudore che mi scendono lungo il braccio.
Lo so, che schifo, ma voi non sudate mai?
Ho anche un po' freddo e un po' caldo insieme.
Arrivo alla fermata del tram.
Il sacchetto con la ciambella non si è mosso di un millimetro, il cioccolato è ancora salvo.
Decido di sfruttare il biglietto timbrato.
Salgo al volo sul 14: è pieno.
Quando scendo controllo la donut: sta bene.
Attraverso, guadagno l'ufficio entrando come un ciclone: ho deciso che è meglio che capiscano subito che NON E' GIORNATA.
Capiscono.
Porgo, trionfante, la ciambella alla mia collega. Sorride, temeva me ne scordassi.
Mi concedo un caffè con lei, 2 chiacchiere.
E' ora di cominciare a lavorare. Ho intenzione di dare il minimo oggi. Voglio solo tornare a casa e rannicchiarmi al buio, sotto il piumone, coi rumori del mondo cattivo attutiti, lontani.
Oggi non mi ferite più del dovuto, per favore.

2 commenti:

Signor Ponza ha detto...

E io che pensavo che quelle ciambelle esistessero solo in Ammerega. :)

Anonimo ha detto...

il citofono era guasto...
ho preso al volo l'ascensore n. 2 ed eccomi qua, al tuo nuovo indirizzo!!!
Non t'ho portato ciambelle, anche perchè quelle virtuali, mi sa tanto che sanno di poco!!!!
CIAOo

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