Come promesso eccomi a parlare dell'ultima fatica Pixar/Disney: UP.
Appena visto il trailer, mesi fa, avevo entusiasticamente espresso il mio desiderio di andarlo a vedere e così sabato, muniti dei nostri occhialini 3D, siamo andati.
Devo dire che non amo molto questa tecnologia, la trovo superflua, ma in tutta Milano non ho trovato un solo cinema che non proiettasse nelle 3 dimensioni e mi sono arresa. Pagare 9 euro però mi pare decisamente troppo.
Le danze si aprono con l'ennesimo geniale, tenerissimo, corto: "Parzialmente nuvoloso".
L'onomatopeica storia di una nuvola "crea cuccioli" e della sua cicogna, costretta al trasporto di bestie varie non propriamente amichevoli.
Ammetto che l'avevo già visto e rivisto su youtube, ma anche al cinema mi ha commossa e divertita.
Questi corti valgono sempre più, da soli, l'ingresso al cinema!
Veniamo ad UP.
Le sequenze iniziali sono la parte migliore a mio avviso. Si narra l'incontro fra Carl, il protagonista, ed Ellie, la bambina che diventerà sua moglie.
Legati dall'amore per l'avventura trascorreranno una serena e felice vita insieme.
Seguiamo la loro storia, raccontata solo con immagini e musica, senza patetismi, ma in un lungo flashback di gioie e dolori che li vedrà invecchiare insieme sino all'inevitabile e triste epilogo dell'esistenza umana.
Ellie muore e Carl, vecchio e solo, rimane coi suoi ricordi ed i suoi sogni irrealizzati nella loro amata casa, assediato da un imponente cantiere che minaccia la sua abitazione.
Costretto ad inventarsi un modo per sfuggire decide, letteralmente, di volare via.
Le sequenze del volo liberatorio che spezza le catene ed i legami sono sicuramente fra le migliori ed è impossibile non sentirsi partecipi o non ricordarsi quando, da piccoli, si sognava ugualmente di volare via attaccati a dei palloncini colorati.
Da questo momento in poi però il film diventa la classica avventura fracassona che ricorda i viaggi di Jules Verne ed i suoi mondi perduti, ma che non racconta nulla di nuovo e non riesce ad evitare scivoloni didascalici.
Il giocattolone diverte, certo, ma non raccontatemi la favola del cartone per adulti.
I personaggi sono simpatici, in primis Carl, il vecchietto simil Spencer Tracy, e il cane imbranato Dug dotato di parola. Russel, il bimbo volenteroso e iper agitato (ma è di origini nipponiche, tra l'altro? Gli occhi vagamente a mandorla darebbero da pensare ad un tentativo di politically correct sulla scia della nuova principessa disneyana in arrivo a natale) è forse il personaggio meno riuscito e più legato a vecchi cliché.
In tutto ciò qualcuno ha azzardato l'impossibile paragone col Maestro Miyazaki per la poesia e per il fatto che UP sarebbe un prodotto più adatto ai grandi.
Anche Miyazaki, si sa, per esempio ama moltissimo il volo ed in quasi tutti i suoi film esiste almeno una scena aerea.
Eppure la poesia del genio nipponico è qualcosa di più elaborato che pervade ogni singola scena e che si fa filosofia. C'è poesia nei suoi disegni...
E c'è l'immensa forza immaginifica dei suoi mondi dove tutto è possibile, dove non esiste giusto o sbagliato e dove le vecchiette fanno fatica a fare le scale e non saltano a destra e a manca su dirigibili o case volanti.
Siamo su mondi totalmente differenti, me ne rendo conto, ma UP è ancora un prodotto costruito a tavolino, pensato per incontrare il gusto di grandi e piccini comunque in un'ottica di incassi che non trovo nella sensibilità di Miyazaki.
Anche il rapporto con la vecchiaia in realtà in UP non esiste perchè sfido chiunque a dire che Carl è un normale vecchietto acciaccato mentre trascina la sua casa volante o regge il peso dei suoi amici sospesi nel vuoto.
Insomma, mi aspettavo qualcosa di più che un normalissimo cartone "carino" e continuo a rimanere una fan sfegatata invece del mio amatissimo Miyazaki (s'era capito, eh?!).
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