mercoledì 4 novembre 2009

criticamente


Come sapete leggo un po' di tutto, in modo vorace e sconclusionato, ma cerco di non dimenticare mai la fonte da cui attingo le notizie e l'eventuale "linea editoriale" cui è soggetta.
Come Don Chisciotte è un sito molto legato alle teorie complottistiche e va quindi sempre preso con le molle, ma non significa che gli articoli che raccoglie non siano degni di riflessione, anzi!
Di recente ho trovato la lunga introduzione al libro di Antonella Randazzo tratta dal suo libro "IL TRAVAGLIATO TRAVAGLIO. LO STRANO CASO DI UN INFORMATORE DISINFORMATO" e vorrei proporre qualche stralcio che reputo interessante:

"(...) Travaglio particolarizza la situazione italiana, la riduce alle beghe politiche e ad un gruppo di corrotti e mafiosi, di cui denuncia le malefatte, convinto che altri paesi (...) siano migliori del nostro. Egli usa luoghi comuni, ad esempio dice “bisogna che ci sia un ricambio della classe politica” o “il cittadino deve essere attivo”, ma non spiega come mai da parecchi anni si dicono queste stesse cose e la situazione rimane invariata. Per capire, occorrerebbe indagare su ciò che è davvero il sistema partitico e su chi crea la classe politica. Non tutto quello che non va e che intralcia la crescita del nostro paese è dovuto ad una classe politica incapace e disonesta. C’è a monte qualcosa di importante, che determina la situazione di debito pubblico, di sprechi, di corruzione e di degrado. Mettere il “mostro” in prima pagina può nascondere una tragica volontà di non far capire come stanno veramente le cose. Rimanere alla superficie dell’iceberg significa gridare allo scandalo “corruzione”, che certamente esiste davvero, ma si rischia di farlo per coprire i veri responsabili che stanno al vertice e i meccanismi che stanno alla base del sistema di potere attuale. (...)"

Nonostante sia una sostenitrice di Travaglio, devo dire che la critica mossa non è così inconsistente.
Ciò che ho notato anche leggendo Il Fatto è che si tende molto a porre i riflettori su determinati fatti senza scavare più a fondo. La denuncia è sacrosanta, ma ci vuole più dell'antiberlusconismo per dare una scossa al Paese.
Il marcio indubbiamente c'è, ma puntare solo il dito non basta insomma.

"(...) Spiega il giornalista Ignacio Ramonet: (Il telegiornale) "è strutturato per distrarre, non per informare... la successione di notizie brevi e frammentate ha un duplice effetto di sovrinformazione e di disinformazione: troppe notizie e troppo brevi... pensare di informarsi senza sforzo è un'illusione vicina al mito della pubblicità più che all'impegno civico"."

Qui c'è poco da aggiungere direi. I TG non informano: offrono una carrellata delle principali notizie della giornata, opportunamente scelte tramite i soliti criteri, e nulla più.
Informarsi costa fatica però, richiede costanza e presuppone un certo lavorìo delle cellule grige, come diceva Poirot.

"(...) Oggi le tecniche mediatiche per suscitare consensi politici, o per vendere prodotti sono diventate sempre più sottili ed efficaci, ci vedono ignari di subirle, e pochi sospettano della loro esistenza.
Ad esempio, una tecnica si basa su quello che è stato denominato effetto “Interazione Parasociale” (IPS), ovvero la creazione di personaggi che producono affezione e dunque agiscono da esche per catturare consenso o per vendere prodotti (commerciali o ideologici). L’effetto IPS è la tendenza psicologica a stabilire legami con personaggi dei media.
(...) L’effetto IPS agisce in modo da farci dimenticare che le persone che hanno ruoli mediatici non sono così empaticamente vicine come possono apparire.
Si tratta di persone che ovviamente i cittadini conoscono soltanto come immagini mediatiche, ma ispirano fiducia per ciò che dicono e per lo spazio mediatico che viene loro riservato, e di conseguenza giungono ad avere potere di influenzare una certa quantità di persone.
(...) Nella situazione mediatica attuale sembra che la professionalità, la serietà e la discrezione non contino più. Oggi abbiamo una situazione in cui sarà il “personaggio mediatico”, a diventare più importante di quello che dirà. Le sue notizie saranno considerate vere non in quanto verificate o verificabili ma in quanto date da lui. Paradossalmente, non sono i contenuti ad avere un ruolo primario ma è il personaggio a rendere “veri” i contenuti che esprime. Egli indirizza l’attenzione, pone priorità, decide chi è da considerare e chi no. Si erge a realtà potendo, in virtù della fiducia suscitata, decidere il significato da dare alla notizia.
(...) nel contesto in cui ci troviamo attualmente si potrebbe dire che l’informazione è “personalizzata”, come fosse un prodotto offerto come un oggetto, con un marchio e un “colore”."

Quanto sopra riportato è vero e spiega anche la risonanza mediatica ed il potere riflesso di personaggi come Beppe Grillo.
Ma non sono certo teorie nuove a chi studia i nuovi media; si tratta dell'evoluzione di processi iniziati decenni fa, processi che già stavano alla base della carta stampata.
Come diceva Montanelli la censura è qualcosa di insito nell'animo del giornalista, qualcosa quasi di autoreferenziale e non è un mistero che le cosiddette "firme" (com'erano Biagi, Montanelli e molti altri) portassero il peso della loro autorevolezza, creassero consensi, limassero la realtà.
Ma i fruitori erano più attenti, leggevano di più, non si limitavano ad assorbire passivamente poichè l'invadenza e la pervasività dei mezzi di comunicazione non era senza controllo come appare (e scarto volutamente il verbo essere) oggi.
Invito insomma ancora una volta all'atteggiamento critico ed alla comparazione delle fonti, anche di quelle faziose, dove però portino un richiamo alle fonti, dove non si limitino a formulare un'opinione, ma articolino una tesi supportata da prove e fatti.

Nessun commento:

Related Posts with Thumbnails