L'equilibrio è difficile da raggiungere.
In ogni cosa.
Stamattina facevo un confronto fra il film di Mizoguchi visto ieri sera, "Gli amanti crocifissi", e "Dolls" di Kitano.
Il primo mi ha infastidita col suo essere tremendamente didascalico, il secondo, che pur giudico un capolavoro, risulta a tratti ciò che può diventare l'Arte dopo un po' : un esercizio di stile.
Dove sta dunque il mezzo che decreta un equilibrio felice fra la metafora estetica e la fedeltà al verosimile?
Nei film amo la poesia e forse solo il Realismo riusciva a coniugare felicemente questi due aspetti così importanti.
C'è anche da dire che certe tematiche, ormai viste in ogni salsa, acquistano nuova luce e rinnovati colori proprio nel momento in cui ci si distacca dal contingente reale per giungere ad un piano più elevato. Allora il quotidiano si trasfigura e diventa altro.
Non che ce l'abbia con la realtà e con la sua rappresentazione, solo non mi esaltano le soluzioni semplici.
Del resto tutto è già stato scritto no? Forse è ancora la forma l'unico campo dove cercare la novità, lo spazio personale entro cui muovere le proprie idee.
Salvo un concetto che la mia anima romantica fa suo: la decisione di non morire, la scelta per la vita nel momento in cui ci si scopre amati. Un repentino eppure dolcissimo cambiamento nell'intento, nel modo di affrontare la vita e la morte. L'Amore può tutto, o quasi.
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