mercoledì 14 luglio 2010

Milanesiana 2010


Ricordo bene la prima volta che sono stata alla Milanesiana, la rassegna che riesce a raggruppare artisti e intellettuali di altissimo livello e porli all'interno di un discorso strutturato, un'occasione di arricchimento culturale unica. Il tema di quest'anno sono i paradossi e, in particolare, ieri sera, i paradossi delle passioni.
La prima a salire sul palco è la sempre brava Lella Costa che recita un monologo sui paradossi del mestiere d'attore. Ci parla del rapporto finzione/falsità, l'annosa questione della rappresentazione del reale da parte di un attore mosso non tanto da una genuina condivisione del sentimento del personaggio interpretato, ma dal mestiere, dall'arte e dal talento che gli consentono di commuoverci senza commuoversi.
Il teatro attuale però, qui sta il paradosso, è sempre più popolato da attori/autori legati al testo che rappresentano e quindi creatori di un teatro più veritiero forse, meno slegato dalla sua essenza, dal suo significato profondo.
Seguono gli interventi di due scrittori che avevo solo sentito nominare, ma a me sconosciuti nella loro produzione letteraria: Michel Faber e Ildefonso Falcones.
Il primo legge, in un inglese impeccabile che mi scopro ogni volta ad amare nei suoi suoni e nel suo ritmo, un piccolo racconto. La prosa è tagiente, asciutta, perfetta. Non ci sono sbavature: fotografa un attimo innocuo nella vita di una coppia che potrebbe essere invece l'inizio della fine. Qualcosa è lì lì per rompersi, forse solo un pretesto, forse una liberazione dopo anni di accettazione forzata dei difetti altrui.
Il quadro si spezza e si ricompone in modo sommesso, freddo, eppure coinvolgente. Dice tutto e non dice nulla, in un'implosione sentimentale che ci raggela. Sublime.
Falcones ha invece il fuoco della Spagna e ci parla dei paradossi della politica. Si capisce subito che il mestiere dell'autore è l'avvocatura: il suo discorso è preciso, retorico in un modo assai sottile, concreto allo stesso tempo e infervorato senza eccessi.
Denuncia senza sbraitare insomma.
Infine loro: Tereza Salgueiro e Lusitania Ensemble, la sua nuova formazione dopo i Madredeus.
L'avevo già sentita anni fa, sempre nell'ambito della Milanesiana, ed ero rimasta totalmente rapita. Ancora una volta mi commuovo. La sua voce è indescrivibile, potente, limpida, piena e dolce al tempo stesso.
I Lusitania poi sono incredibili: gli strumenti dialogano fra loro, non semplice accompagnamento, ma racconto.
Una splendida serata insomma. Adoro Milano proprio per questo: per le occasioni che ti dà, per il fermento culturale che ancora c'è e che va colto e coltivato.

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