Ieri Oliviero Beha, sul suo "I nuovi mostri" mi ha offerto un buono spunto di riflessione.
Stamattina invece ho trovato un'altra bella intervista del 1998 a Giovanni Cesareo.
Si parla, ovviamente, sempre di comunicazione.
Quello che è interessante in realtà è il fatto che, anzichè relegare lo spettatore ad un ruolo passivo, si ammettono anche le colpe di chi si accontenta di recepire un messaggio senza però prendersi la briga (non che sia scontato e semplice, per carità) di DECODIFICARLO.
Manca quindi, come sottolinea Beha, la capacità di porre in relazione i fatti, le informazioni, per giungere ad un quadro più omogeneo ed ampio.
Eppure non dovrebbe essere così complicato, nell' Era del link, muovere il pensiero in modo meno rigido in una visuale a 360 gradi del mondo.
Scriveva Jean Starobinski:
"Non vorrei accusare la televisione più di altri media o di altri veicoli di suggestione del mondo contemporaneo, ma ho l’impressione che con la massa di informazioni contraddittorie che circolano incessantemente, con gli stimoli che investono il singolo individuo che raggiungono l’anima attraverso lo sguardo, attraverso i messaggi uditivi, in modo caotico sovrapposti gli uni agli altri e contraffatti, alla fine il brusio, il rumore diventa assordante. Non è più un messaggio che viene comunicato, un messaggio comprensibile, ma qualcosa di frastornato come una randellata, e questo proprio a causa dell’accavallarsi di messaggi contraddittori di segno opposto, messaggi che l’individuo non è più capace di decifrare, di separare gli uni dagli altri, di giudicare l’uno in rapporto agli altri. Tutto viene come assorbito confusamente e la somma è uguale a zero, un vuoto schiacciante."
Il ruolo del ricevente è quindi assai più arduo e da qui si potrebbe anche arrivare alle considerazioni di Danilo Dolci:
" La comunicazione di massa non esiste", perché in effetti la cosiddetta comunicazione che abbiamo conosciuto è solo trasmissione a una via, cioè è unidirezionale."
Ed ancora, forse un po' provocatoriamente, il filosofo Edgar Morin:
"Se io fossi un istitutore, se io fossi un insegnante direi tutte le mattine ai bambini: avete visto la televisione? Parliamo di quello che avete visto. Tenterei di dare ai ragazzi non più uno sguardo immediato ma riflessivo sulla televisione."
Idea tutt'altro che stupida ed assolutamente coerente con l'Epoca in cui viviamo.
Imparare a capire i meccanismi che regolano la comunicazione odierna, imparare ad andare oltre ad una fruizione passiva, è un'abilità che andrebbe sviluppata sui banchi di scuola.
"Umberto Eco distingueva tra paleo televisione e neo televisione. La paleo televisione registra i fatti, è testimone, è l’occhio del telespettatore portato dove lui non potrebbe arrivare, la neo televisione invece è una televisione che diventa essa stessa il mondo, il luogo dove le notizie si creano e si producono."
Questo mondo però è ovviamente filtrato, è manipolato attraverso un linguaggio complesso, che può però essere letto ed applicato.
Quante volte, guardando un servizio in televisione, avete fatto caso alle immagini mostrate? Quante volte vi siete accorti che tali immagini erano di repertorio? Immagini fatte per riempire un vuoto. E perchè c'era quel vuoto?
Questo è solo un esempio delle domande che uno spettatore, legittimamente, può e deve porsi.
E porsi delle domande è l'inizio di un percorso necessario a mio avviso, oltre che, ovviamente, salutare.
Ne "Il mondo di Sofia", uno dei libri chiave della mia adolescenza, Gaarder suggerisce che in ognuno di noi esiste un filosofo, perchè ognuno di noi è in grado di interrogarsi, di mettere in discussione ciò che crede di sapere in una continua ricerca del sapere e del vero.
Questo è il mio stesso invito, nonchè ciò che cerco di fare qui, in qualche modo, ogni giorno.
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