martedì 15 settembre 2009

Corsi e ricorsi storici

Ieri sera mi son bastati 5 minuti di Blob per farmi il sangue amaro. Si riprendeva lo scambio di battute fra il giornalista d' El Paìs, Mora, e il nostro beneamato premier.
Le cose si sono svolte più o meno così:
"Signor presidente, volevo chiederle di queste feste a casa sua dove sono comparse delle prostitute..."
Risposta: "Lei è invidioso, eh?!"
Il giornalista incalza "non crede che il suo comportamento leda l'immagine degli italiani all'estero?"
Risposta: "Non credo: molte turiste straniere hanno prenotato le loro vacanze in Italia.."
Infine il giornalista gli domanda se non sia il caso di dimettersi e la pronta risposta del Primo Ministro è "si vede che lei legge solo Repubblica e l'Unità".
Ottimo.
Segue sagace montaggio del solito beneamato ai funerali di Mike Bongiorno intento alla solita apologia di sè stesso "sì, Mike mi voleva bene e mi supportava..." etc etc. Subito dopo Ghezzi e soci ci mostrano un Mike quasi in lacrime nell'ultima intervista da Fazio che prega Berlusconi di chiamarlo e si cruccia di come sia stato sbattuto fuori da Mediaset senza mezza spiegazione e nemmeno una telefonata dal suo vecchio amico.
No comment.

Vorrei proporvi poi un estratto dalla splendida raccolta di articoli di Montanelli che sto leggendo. Questo in particolare è tratto da La Stecca nel Coro e parla di Benito Mussolini:
"(…) Che al sopruso e alla dittatura Mussolini avesse una vocazione temperamentale e caratteriologica, è indubbio e dimostrato.
Ma quanto vi sia stato anche trascinato dagli echi osannanti che gli rimandava la piazza quando si affacciava al balcone, è difficile da valutare. Una volta Churchill, parlando di lui con la buona intenzione di giustificarlo (e di giustificarsi per averlo un tempo ammirato), mi disse:
«Come si fa a non diventare padroni di un popolo di servi?» Era dura da inghiottire, ma difficilmente contestabile. Me lo ricordo benissimo: noi italiani (si, c' ero anch'io) ridevamo del Duce, ma facemmo tutto il possibile perché lo diventasse sempre di più.
Fu tutto un giuoco, fra lui e noi, di reciproci imbrogli Mussolini non riuscì mai ad adattare gl'italiani al fascismo forse, salvo che nei primi tempi, nemmeno ci provò. Lasciò che gl'italiani adattassero il Fascismo a se stessi cioè lo riducessero a un autoritarismo corretto dalla disobbedienza e dalla inefficienza. E quando scendeva dal piedistallo, cioè si dimenticava di essere il Duce di un popolo di eroi, di santi e di navigatori, lo riconosceva Malaparte racconta che un giorno Mussolini gli disse: «Governare gl'italiani non è difficile, è inutile». Non è vero che lo disse a Malaparte. Lo disse al ministro francese Flandin. Ma lo disse. E certamente lo pensò.
Come, avendone questo concetto, egli poi abbia voluto trascinare gl'italiani in una guerra tanto più grande di loro (e di lui), sarebbe del tutto incomprensibile se avesse sospettato che quella guerra poi gli sarebbe toccato farla. Ma oramai i documenti hanno dimostrato inconfutabilmente ch'era convinto (come lo erano, sissignori, il novanta per cento degl'italiani) di non farla. Senza questo errore da magliaro, Mussolini, con buona pace dei nostri antifascisti, sarebbe morto nel suo letto, e oggi le guide turistiche condurrebbero i visitatori a vedere, in qualche cripta di palazzo Venezia, la sua mummia sotto teca come quella di Lenin nel Cremlino. La liquidazione del Fascismo sarebbe avvenuta senza un morto. E alla fine, forse per strade più quiete e meno impervie, saremmo arrivati ugualmente a Craxi.
Non c'è dubbio che l'Italia ha avuto uomini politici e di Stato molto migliori di Mussolini. Ma se nella nostra storia di nazione, nessuno occupa un posto altrettanto grande e vi si accampa con gambe altrettanto larghe, e con altrettanto piglio e cipiglio, il motivo c'è. L'Italia ebbe guide più illuminate di lui, ma mai un interprete più compiuto di lui e uno specchio in cui potesse meglio riflettersi. Ci piaccia o non ci piaccia - e certamente non ci piace -, nel grido: «Duce, sei tutti noi!» c'era, sì, della bassa piaggeria, ma anche un'inconscia verità. Mussolini fu l'Italia molto più di quanto Hitler fosse la Germania e Franco la Spagna.
Il più intelligente degli antifascisti, Piero Gobetti, lo vide e lo previde fin dal 1925. «Mussolini e il fascismo», scrisse, «sono l'autobiografia degl'italiani.» Ecco perché questo centenario è una ricorrenza da ricordare. Le autobiografie, dopo averle scritte, bisogna rileggerle e meditarle. Negarle e rinnegarle, non serve a nulla."
I. Montanelli - (29 luglio 1983) da La stecca nel coro

Dà da pensare...no?

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