mercoledì 3 marzo 2010

da dove veniamo e dove andiamo

Tornando a casa ieri ho fatto un tratto di strada che solitamente non percorro perchè mi allunga di qualche minuto il cammino e con le borse della spesa non è piacevolissimo. Avevo voglia di gettare lo sguardo in qualche negozio: c'è quello della Apple davanti al quale non mi soffermo troppo perchè ho ancora da soddisfare un'antica voglia di Mac e poco più avanti uno splendido negozio d'arredamento di interni dai colori tenui, vagamente country, pieno di stoffe, cuscini e deliziosi divani.
Qualche passo oltre invece il tripudio kitsch di una vetrina zeppa di improbabili soprammobili psichedelici e radio a forma di casco o chitarra elettrica.
Ma è quando svolto nella vietta più tranquilla e buia poco distante che mi incanto davvero.
So già infatti che presto mi troverò a passare davanti ad un piccolo gioiellino e, facendo scorrere lo sguardo all'interno, vedrò questo:
 
Pareti intere di scaffali di legno traboccanti lana di ogni colore e genere, come tante nuvole multicolori in cui viene voglia di sprofondare.
E' il negozio dove si rifornisce la mia nonnina da combattimento, ex sarta, ed è sempre pieno di donne intente a scegliere e valutare, ad immaginare i loro prossimi capolavori.
Poco prima, sull'altro lato della strada, intravedo la minuscola bottega di un sarto. Sta salutando una conoscente che mi sta passando accanto: un largo sorriso lo illumina, agita il braccio, al collo ha il suo metro giallo da lavoro.
A volte ci dimentichiamo da dove vengono le COSE.
Dedicandomi ai bijoux ho capito l'importanza del verbo creare, ho capito che sapere come nasce un oggetto, passo dopo passo, te lo rende più familiare e prezioso nonostante imperfezioni o usura del tempo. Ho persino più piacere a regalare le cose fatte con le mie mani, senza chiedere nulla in cambio perchè non ne saprei stimare il valore: tanto o addirittura nulla, che importanza ha? Prima non c'era, grazie a me esiste.
Ma c'è di più: sapere come nasce un vestito, come prende forma tra le mani esperte di una sarta, sapere da dove arriva l'insalata o le patate che mettiamo in tavola, dà ad ogni cosa, ad ogni cibo, un gusto ed un senso nuovi.
Ricordo ancora il sapore della patate raccolte con fatica insieme a mia nonna e mio fratello in estate nel campo dei nonni: mi parevano le migliori patate mai assaggiate!
Oggi siamo abituati a vedere solo l'opera finita, spariscono le botteghe, gli artigiani; sotto ai nostri occhi una quantità infinita di prodotti che non riusciamo nemmeno ad immaginare cosa fossero all'origine.
Ci pensavo ieri, mentre sentivo alla tv la notizia che l'Unione Europea ha dato il via libera alla coltura in Europa della patata transgenica Amflora. Ho ripensato ai miei tuberi emiliani allora, alla loro raccolta, alla terra smossa, all'amore di mia nonna che continua a seguire il campo ancora oggi a quasi 80 enni, facendo avanti ed indietro da Milano a Parma. Ho pensato a come buttiamo tutto giù, a come consumiamo e pensiamo che non importi da dove venga ogni cosa, l'importante è averla lì, nel piatto o indosso.
E non capiamo che stiamo sparendo anche noi, che stiamo diventando di serie anche noi: super accessoriati, ma vuoti, gusci che consumano e gettano via.

Il prossimo week end a Milano c'è la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, Fà la cosa giusta, e spero di poterci andare. Non so cosa ne potrò ricavare, ma sono certa che qualcosa mi insegnerà.

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