Domani, come molti altri blogger, sul mio blog si farà silenzio.
Il primo sciopero dei bloggers italiani infatti è previsto per domani, per protestare contro "l’estensione dell’obbligo di rettifica contenuto nella vecchia legge sulla stampa (art. 8 della legge n.47 dell’8 febbraio 1948) entro 48 ore per tutti i gestori di «siti informatici» di post, commenti, informazioni ed ogni altro genere di contenuto pubblicato in Rete."
"(...) Non dar corso alla richiesta di rettifica per tempo potrebbe costare caro - una sanzione da 7,5 a 12,5 mila euro - a chiunque possa rientrare nella generica definizione di gestore di «sito informatico». «Ve l’immaginate se il sistema giudiziario italiano fosse impegnato a dar retta a milioni di querele per i milioni di conversazioni che si svolgono 24 ore su 24 su tutti i siti Internet, trattandoli alla stessa stregua delle testate giornalistiche registrate con tanto di direttore responsabile? Tanto vale pubblicare un cartello online con la scritta: “Internet chiusa per rettifica”» è il commento che si rincorre nella blogosfera italiana."
(La Stampa)
A corollario di questa protesta, trovo utile riproporre un articolo di Umberto Eco apparso sull' Espresso, in merito alla libertà di stampa di questi tempi:
"Sarà il pessimismo della tarda età, sarà la lucidità che l'età porta con sé, ma provo una certa esitazione, frammista a scetticismo, a intervenire, su invito della redazione, in difesa della libertà di stampa. Voglio dire: quando qualcuno deve intervenire a difesa della libertà di stampa vuole dire che la società, e con essa gran parte della stampa, è già malata. Nelle democrazie che definiremo 'robuste' non c'è bisogno di difendere la libertà di stampa, perché a nessuno viene in mente di limitarla.
Questa la prima ragione del mio scetticismo, da cui discende un corollario. Il problema italiano non è Silvio Berlusconi. La storia (vorrei dire da Catilina in avanti) è stata ricca di uomini avventurosi, non privi di carisma, con scarso senso dello Stato ma senso altissimo dei propri interessi, che hanno desiderato instaurare un potere personale, scavalcando parlamenti, magistrature e costituzioni, distribuendo favori ai propri cortigiani e (talora) alle proprie cortigiane, identificando il proprio piacere con l'interesse della comunità. È che non sempre questi uomini hanno conquistato il potere a cui aspiravano, perché la società non glielo ha permesso. Quando la società glielo ha permesso, perché prendersela con questi uomini e non con la società che li ha lasciati fare?
Ricorderò sempre una storia che raccontava mia mamma che, ventenne, aveva trovato un bell'impiego come segretaria e dattilografa di un onorevole liberale - e dico liberale. Il giorno dopo la salita di Mussolini al potere quest'uomo aveva detto: "Ma in fondo, con la situazione in cui si trovava l'Italia, forse quest'Uomo troverà il modo di rimettere un po' d'ordine". Ecco, a instaurare il fascismo non è stata l'energia di Mussolini (occasione e pretesto) ma l'indulgenza e la rilassatezza di quell'onorevole liberale (rappresentante esemplare di un Paese in crisi).
E quindi è inutile prendersela con Berlusconi che fa, per così dire, il proprio mestiere. È la maggioranza degli italiani che ha accettato il conflitto di interessi, che accetta le ronde, che accetta il lodo Alfano, e che ora avrebbe accettato abbastanza tranquillamente - se il presidente della Repubblica non avesse alzato un sopracciglio - la mordacchia messa (per ora sperimentalmente) alla stampa. La stessa nazione accetterebbe senza esitazione, e anzi con una certa maliziosa complicità, che Berlusconi andasse a veline, se ora non intervenisse a turbare la pubblica coscienza una cauta censura della Chiesa - che sarà però ben presto superata perché è da quel dì che gli italiani, e i buoni cristiani in genere, vanno a mignotte anche se il parroco dice che non si dovrebbe.
Allora perché dedicare a questi allarmi un numero de 'L'espresso' se sappiamo che esso arriverà a chi di questi rischi della democrazia è già convinto, ma non sarà letto da chi è disposto ad accettarli purché non gli manchi la sua quota di Grande Fratello - e di molte vicende politico-sessuali sa in fondo pochissimo, perché una informazione in gran parte sotto controllo non gliene parla neppure?
Già, perché farlo? Il perché è molto semplice. Nel 1931 il fascismo aveva imposto ai professori universitari, che erano allora 1.200, un giuramento di fedeltà al regime. Solo 12 (1 per cento) rifiutarono e persero il posto. Alcuni dicono 14, ma questo ci conferma quanto il fenomeno sia all'epoca passato inosservato lasciando memorie vaghe. Tanti altri, che poi sarebbero stati personaggi eminenti dell'antifascismo postbellico, consigliati persino da Palmiro Togliatti o da Benedetto Croce, giurarono, per poter continuare a diffondere il loro insegnamento. Forse i 1.188 che sono rimasti avevano ragione loro, per ragioni diverse e tutte onorevoli. Però quei 12 che hanno detto di no hanno salvato l'onore dell'Università e in definitiva l'onore del Paese.
Ecco perché bisogna talora dire di no anche se, pessimisticamente, si sa che non servirà a niente.
Almeno che un giorno si possa dire che lo si è detto."
(Umberto Eco, L' Espresso, 09-07-2009)
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1 commento:
Non sapevo che domani fosse "sciopero dei bloggers"... però, leggendo il tuopost e condividendo quello che hai scritto, mi unisco allo sciopero, e se ci sarebbe stato da scrivere qualcosa domani, la rimanderò a dopodomani...
Io non credo che essere "i 12 che dicono di no" non serva a niente... perchè è pur sempre qualcosa. Se si parte dall'idea che tanto si è la minoranza e quindi quel che si fa è inutile eprchè tanto saranno pochi a farlo e quindi tanto vale non far niente, allora è anche peggio di non far niente perchè si è convinti di non volerlo fare. Ognuno deve seguire quello che sente sia giusto, a presindere da quello che fananno gli altri, o da che solo pochi lo seguiranno. Essere coerenti con noi stesse è importante. Lottare per quello in cui si crede. Fossimo anche le uniche...
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